Detenuto morto per infarto a Canton Mombello dopo atti autolesionistici

La vittima era in cella da tre giorni, aperta un’inchiesta. La garante: «Altro caso di chi non poteva stare in carcere»
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
Il carcere di Canton Mombello - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Fin dal suo ingresso a Canton Mombello aveva manifestato intolleranza verso la vita dietro le sbarre. Lui, senza fissa dimora, arrestato per questioni di droga, non accettava le regole interne al carcere. Un disagio palesato con ripetuti atti autolesionistici sulle braccia. Dopo tre giorni è morto nell’infermeria del carcere cittadino a causa di un arresto cardiaco.

Cronistoria della detenzione di un uomo di 40 anni di origini magrebine senza fissa dimora e senza parenti in Italia, sul cui decesso ora la Procura di Brescia ha aperto un’inchiesta, disponendo anche l’autopsia sul cadavere.

Atto dovuto, come accade per ogni morte in un penitenziario, anche se non ci sarebbero dubbi sulle cause naturali della morte dello straniero. Va però ricostruito il suo breve periodo - poco più di 72 ore - in cella. Prima con altri detenuti, poi in isolamento in seguito ai litigi con i compagni di detenzione e a tagli che si era procurato sulle braccia. Infine il malore, la corsa in infermeria e il decesso. «Non si è trattato di un suicidio. I meidici hanno fatto tutto il possibile per salvarlo» assicurano fonti interne a Canton Mombello.

«Emergenza vera»

Il caso riporta in primo piano la situazione d’emergenza ormai cronica all’interno di Canton Mombello. «Saimo davanti ad un altro caso di detenuto che per le sue condizioni psichiche non poteva stare in carcere. Sono soggetti che andrebbero trasferiti in un strutture sanitarie, ma i tempi sono lunghi e i posti limitati» commenta la garante dei detenuti Luisa Ravagnani.

«Non si può andare avanti così. Sul decesso la Procura farà tutte le indagini, però non riesco a capire cosa si stia aspettando per intervenire sulle condizioni in carcere. I detenuti psichiatrici distruggono la loro vita, ma anche quella delle persone sane che stanno scontando la pena e poi ovviamente degli agenti di Polizia penitenziaria che sono ormai stremati. Lavorano in ambiente impossibile. E ricordiamo - conclude Ravagnani - che da quando sono state vietate le telefonate quotidiane ai detenuti, il clima in carcere è peggiorato ulteriormente».

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