«Decluttering» mania contro il disordine
Le nonne li chiamano «ciàpa pólver»: ninnoli e ceramiche dei tempi che furono, assiepati su caminetti, credenze, comodini e mensole. Oggetti inutili pure se belli, che svolgono la funzione primaria di raccattare nuvole di pulviscolo e occupare ogni superficie disponibile.
Non solo. Lungi dall'essere un problema generazionale i «ciàpa pólver» sono fra noi. Pur nella loro versione riveduta e corretta.
Vintage e modernariato
Ecco allora loft modernissimi stipati di bottigliette chic di profumi finiti, cartoline delle vacanze degli ultimi dieci anni, esemplari di modernariato acquistati ai mercatini in un giorno di noia, ritagli di giornale e cappelli. Le cabine armadio, a loro volta, sono subaffittuarie di camicette a fiori abbandonate dagli anni Ottanta, regali mai spogliati dalle etichette, completi da jogging «fondamentali» il primo mese di iscrizione in palestra cinque anni fa e scarpe, scarpe e scarpe. Che se non sono del tutto rovinate, perché buttarle via che magari tornano buone. Ed effettivamente buttare una scarpa è un gesto che richiede molto coraggio.
L’accumulo secondo gli esperti
A spiegare questo meccanismo «perverso» di accumulo indiscriminato pensano gli esperti. Che asseriscono, con buona pace di tutti gli accumulatori, che utilizziamo in realtà il solo 20 per cento di tutto ciò che possediamo. Un po’ come il cervello. Anzi addirittura meno, se è vero che gli esseri umani si servono di poco meno del 10% delle potenzialità cerebrali.
Eppure – chiarirà qualcuno sornione – del cervello mica decidiamo di liberarci. E invece, dei «ciàpa pólver» dovremmo proprio sbarazzarci, per un sacco di validi motivi. Senza tirare in ballo fluidi ed energie positive, è comprovato che l'attaccamento agli oggetti spesso impedisce di aprirsi alla novità, di evolvere e di cambiare, liberandosi di catene inconsistenti.
Il decluttering
La soluzione? Il «decluttering». Ovvero la tecnica anglosassone di eliminare tutto ciò che ingombra e aprirsi un varco fra il disordine. Le tecniche sono piuttosto elementari e facilmente intuibili: procedere passo passo, riciclare ciò che si può e guardare con lucidità al superfluo senza legarsi al materiale e senza fingersi giustificazioni morali del genere: «Credo che quella bottiglietta di Coca Cola da collezione recuperata nel 1996 sulle spiagge di Marina di Massa potrebbe tornarmi utile». Sì. Forse in occasione della prossima guerra nucleare.
In ogni caso, un supporto nell'operazione di distacco dal «clutter» (in inglese, appunto, la spazzatura) può arrivare dal sito www.soluzionidicasa.it, dove ci si può iscrivere a veri e proprio corsi di «decluttering».
Gli swap party
Un consiglio supplementare riguarda i vestititi. Organizzate uno «Swap Party» o rispondete a un invito altrui. Ognuno porta qualcosa di vecchio e inservibile e sia mai che i pantaloni che non entrano più a te valgano quella giacchetta che la tua amica non si può più vedere intorno. A fine operazioni sarete tutte più libere, serene, sgombre e piene di energia. Poco male se un giorno vi ritroverete a cercare nell'armadio di mamma quella borsa che vi ha tenuto riposta vent'anni sotto carta velina. «L'ho buttata cara. Non lo sai? È il decluttering».
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