Davigo attacca i giudici bresciani, la replica: «Intervenga il Csm»

Se Spanò ha preferito non commentare, a rompere il silenzio ci ha pensato il tribunale di Brescia: «Incomprensibile negazione del rispetto»
Piercamillo Davigo ha attaccato i giudici bresciani - Foto Ansa/Luca Zennaro © www.giornaledibrescia.it
Piercamillo Davigo ha attaccato i giudici bresciani - Foto Ansa/Luca Zennaro © www.giornaledibrescia.it
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Lo scontro è servito. Uno contro tutti. Da una parte Piercamillo Davigo, dall’altra i giudici bresciani finiti - e in particolare il presidente della prima sezione Roberto Spanò - nel mirino dell’ex pm di Mani Pulite che in tribunale all’ombra del Cidneo è entrato senza toga, ma da imputato. E ne è uscito con una condanna in primo grado a un anno e tre mesi. «A Brescia le cose non sempre le capiscono e per questo mi hanno condannato» tuona Davigo ospite del Podcast di Fedez «Muschio selvaggio».

«Espressioni e atteggiamento che costituiscono incomprensibile negazione del rispetto dovuto alla giurisdizione tout court, doveroso ed esigibile soprattutto da chi ha indossato la toga per oltre quaranta anni» replica qualche ora dopo il tribunale bresciano attraverso una nota firmata dal giudice Cesare Bonamartini, responsabile per la comunicazione istituzionale.

L’attacco

A gennaio Davigo tornerà in aula per affrontare il processo d’appello dopo la condanna per rivelazione d’atti d’ufficio in merito i verbali sulla presunta Loggia Ungheria, ricevuti dal pm di Milano Paolo Storari - assolto sulla stessa questione - e portati al Csm. Nel frattempo senza giri di parole si è scagliato contro la magistratura bresciana.

Il giudice Roberto Spanò - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Il giudice Roberto Spanò - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

«Non solo non ho commesso reati, ma ho fatto il mio mestiere. Ma visto che a Brescia le cose non sempre le capiscono mi hanno condannato. Ormai sono abituato è il 27esimo procedimento che ho a Brescia». Parlando con Fedez Piercamillo Davigo ha toccato diversi argomenti. Soffermandosi anche sui suicidi di alcuni indagati durante gli anni di Mani pulite in quella che è stata la madre di tutte le inchieste sulla corruzione in Italia. «Le conseguenze dei delitti ricadono su quelli che li commettono, non su coloro che li scoprono e li reprimono. Se mi era dispiaciuto? Ma certo che dispiace. Prima di tutto, se uno decide di suicidarsi lo perdi come possibile fonte di informazioni». Decisamente freddo.

Davigo si è scaldato invece parlando della vicenda giudiziaria in cui è imputato. «Come fa il tribunale di Brescia a dire che ho violato il segreto? Il segreto sarebbe stato se avessi detto: “C’è un’indagine con questi nomi” e non “guardate che non stanno facendo un’indagine”. Ho spiegato tutto nei motivi d’appello» ha raccontato Davigo. Che non si è fermato. «Se un pescatore pesca un luccio di 15 chili e lo fotografano sul giornaletto di provincia, è il pescatore che fa protagonismo o il luccio che è grosso? Non do giudizi, ma mi limito a dire che nel caso che mi ha riguardato, io ero un luccio che dava lustro» dice, lasciando intendere che l’inchiesta ha dato visibilità ai magistrati che l’hanno condotta e al giudice che lo ha condannato. E a proposito di Roberto Spanò, che ha firmato la sentenza di primo grado, l’ex pm di Mani Pulite non è stato morbido: «Questo è un paese curioso in cui il presidente del collegio di Brescia pubblicamente più volte ha dichiarato che fino a questo processo non sapeva cosa fosse il comitato di presidenza del Csm. Non è una cosa di cui ti devi vantare».

La replica

Il tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
Il tribunale di Brescia - © www.giornaledibrescia.it

Se Spanò ha preferito non commentare, a rompere il silenzio ci ha pensato il tribunale di Brescia. «Pur nella umana comprensione della difficile posizione di imputato, vivo stupore e sconcerto destano i contenuti dell’intervista rilasciata dal dottor Piercamillo Davigo. In particolare - prosegue la nota - sorprende che un magistrato che ha ricoperto incarichi apicali di rilievo nazionale si lasci andare a pesanti giudizi che investono, indifferentemente, i giudici che lo hanno giudicato (e condannato), l’Ufficio giudiziario, la stampa locale, e l’intera comunità bresciana».

I magistrati bresciani definisco le parole di Davigo «espressioni e atteggiamento che costituiscono incomprensibile negazione del rispetto dovuto alla giurisdizione tout court, doveroso ed esigibile soprattutto da chi ha indossato la toga per oltre quaranta anni». Poi la richiesta di intervento del Csm. «Il Tribunale di Brescia si riserva di segnalare quanto accaduto al Consiglio Superiore della Magistratura per l’apertura di una pratica a tutela di tutti gli Uffici Giudiziari del capoluogo del Distretto».

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