Dalla Blackout challenge alle chat anonime: i pericoli del web spiegati ai genitori

Il pm Alessio Bernardi e l'esperto informatico Cesare Marini a Quinzano d'Oglio per l'incontro di prevenzione organizzato dall'Amministrazione
I relatori di «Bullismo, cyberbullismo e i pericoli del web» a Quinzano d'Oglio
I relatori di «Bullismo, cyberbullismo e i pericoli del web» a Quinzano d'Oglio
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Saper dire di no ai propri figli. Pare banale, ma c’è anche questo tra i consigli che venerdì sera il magistrato Alessio Bernardi, sostituto procuratore a Brescia nell’Area Soggetti Deboli, ha dato in occasione dell’incontro «Bullismo, cyberbullismo e i pericoli del web». Una lezione a tutti gli effetti: l’obiettivo era formare i genitori e gli insegnanti che hanno riempito il teatro comunale di Quinzano d’Oglio.

«Dire di no è uno dei modi per arginare l’uso del cellulare lontano dagli occhi degli adulti - spiega il magistrato -. Sono favorevole al divieto di telefonino in classe, soprattutto durante le lezioni, così come all’uso di app di parental control, che consentono di limitare il tempo che i ragazzi passano online e impostare pin per bloccarli quando serve». E controllare chat e social dei figli è lecito? «I ragazzi potrebbero protestare, è normale, ma in fin dei conti sono i genitori che hanno la responsabilità e che rischiano di essere indagati per i reati commessi dai figli. Le sim e la rete WiFi, d’altronde, è proprio ai maggiorenni che sono intestate».

Comportamenti pericolosi

Nell’incontro, durato quasi due ore, il pm e l’esperto informatico Cesare Marini hanno prima circoscritto il fenomeno e poi descritto i campanelli d’allarme che devono far drizzare le antenne in famiglia. «Quando facciamo questi incontri nelle scuole, restiamo ogni volta stupiti di quanto i ragazzi, anche alle elementari, siano esposti ai rischi del web - ha spiegato Marini -. Non solo perché sono spesso molto più veloci e esperti degli adulti, ma anche perché usano social e chat senza controllo: inviano foto e video con leggerezza, non sono consapevoli delle trappole in cui cascano, commettono reati senza neanche saperlo».

Così capita che, in un’aula magna piena di studenti minorenni, tutti alzino la mano alla domanda: «Avete profili falsi su Instagram?». Mani alzate anche quando si chiede loro se conoscano sfide digitali pericolose, come la famigerata Blue Whale di origine russa, che induce i ragazzi dopo 50 prove violente a lanciarsi da un palazzo. Più recente la Blackout challenge, che spopola su TikTok, in cui i ragazzini fanno a gara a chi resiste di più in apnea, legandosi al collo corde, sciarpe o cinture. Conoscono anche le chat meno popolari: se mamme e papà si limitano a Whatsapp e Messenger, i figli usano Omegle, un’app di messaggistica fuori dai radar dove è semplicissimo non dichiarare la propria vera identità. «Qui si chatta in formula roulette - specifica Bernardi - che significa non avere idea di chi sia davvero il proprio interlocutore. È in questi ambienti che molti minori vengono adescati e convinti a mandare fotografie, anche intime, poi rivendute sul mercato pedopornografico».

Come reagire

Non sono mancati gli esempi di casi reali, spesso dei pugni nello stomaco. «La mia scrivania è piena di fascicoli di minori coinvolti in vicende gravi. Non solo cyberbullismo, ma anche pedopornografia. La Giustizia interviene, ed è fondamentale, ma spesso è già troppo tardi: il reato si è verificato e a noi spetta l’individuazione del colpevole. Meglio prevenire e educare i ragazzi».

L'invito è a denunciare, sempre e in modo rapido, rivolgendosi alle forze dell'ordine anche quando ci sono solo dei sospetti. «Silenzi prolungati, isolamento, atteggiamenti strani, improvvisi cambi nel modo di vestirsi: sono segnali che richiedono degli approfondimenti». Allora diventa ancora più importante «sedersi a un tavolo e parlare, mai mettere spalle al muro i ragazzi e mai prendere iniziative o cancellare materiale dai telefonini: sempre meglio rivolgersi ai carabinieri e far partire subito l'indagine».

La prevenzione e l'educazione restano comunque la mossa più strategica. Per questo l’Amministrazione comunale guidata dal sindaco Lorenzo Olivari ha voluto ospitare l’incontro, voluto dall’Arma dei carabinieri, rappresentata in sala da Robert Irlandese, comandante della Compagnia di Verolanuova, e da Francesco Natuzzi, a capo della stazione di Quinzano. In collaborazione con il parroco don Lorenzo Boldrini, sono state coinvolte diverse scuole del territorio, educatori, catechisti e anche i ragazzi stessi.

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