Dall’ospedale Civile alla Tanzania per curare il Covid

La specializzanda Chiara Bortoluzzi pronta a partire per l’Africa
Chiara Bortoluzzi, 29 anni - Foto © www.giornaledibrescia.it
Chiara Bortoluzzi, 29 anni - Foto © www.giornaledibrescia.it
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In piena pandemia c’è un giovane medico che sceglie di salire su un aereo e raggiungere l’Africa per curare chi ha bisogno. Si chiama Chiara Bortoluzzi ha 29 anni e da tre è specializzanda agli Spedali Civili la dottoressa che parte in queste ore per la Tanzania con l’organizzazione Medici con l’Africa Cuamm. Il medico è atteso all’ospedale della città di Tosamaganga dove per sei mesi presterà servizio nel reparto di medicina interna. Il viaggio era deciso da tempo, la dottoressa avrebbe dovuto andare in Africa già nei primi mesi di quest’anno, poi l’emergenza sanitaria ha sconvolto i piani. La sua intenzione è però rimasta sempre la stessa.

«Ho riflettuto bene - racconta Chiara Bortoluzzi - sul fatto che ovviamente la pandemia comporti rischi aggiuntivi ma, in Africa, purtroppo i rischi sono all’ordine del giorno e quindi non ho cambiato programmi». Covid o non Covid nelle prossime ore sarà in viaggio verso il continente africano. Anzi, il fatto di essersi trovata in ospedale faccia a faccia con le conseguenze del virus, sembra averle dato una carica in più.

«L’emergenza, che ho vissuto a Brescia nel reparto Covid degli Spedali Civili ci ha costretti a cambiare il nostro approccio con i pazienti - continua Chiara -. I ricoverati erano tanti e, mentre di solito siamo abituati ad avere tutti i mezzi possibili a disposizione per curarli, abbiamo dovuto scegliere con più attenzione come impiegare le risorse: una cosa mai successa né a me né ai miei colleghi». Per la giovane dottoressa, che è originaria della provincia di Treviso, l’esperienza dei mesi più bui della pandemia in Italia è un bagaglio che si porterà dietro tutta la vita. «Penso siano anche queste esperienze che ci rendono più consapevoli dei nostri limiti e dell’importanza della cura di chi ha bisogno». In Tanzania, per paura del contagio sempre più persone stanno alla larga dalle strutture ospedaliere e ciò comporta che molte donne rischiano la vita partorendo in casa o i bambini non vengono vaccinati. In Africa la specializzanda si occuperà di seguire sia i pazienti ricoverati sia quelli ambulatoriali. «Sono molto curiosa - prosegue -, spero che questa esperienza influenzi positivamente il mio modo di svolgere la professione anche quando sarò di nuovo in Italia, facendomi guardare ai pazienti da nuovi punti di vista».

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