Dal Roi Soleil all'Aquiletta, le sale senza più luce

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Il cinema aveva solo un anno quando approdò a Brescia. I Fratelli Lumiere l'avevano tenuto a battesimo nel 1895 e l'anno seguente la palestra della Forza e Costanza di via Cavallotti si tramutava, per opera di tale Giuseppe Filippini, nella prima estemporanea sala di proiezione. Sotto gli occhi di nobili e benestanti bresciani comparvero le scene del «Bagno di Diana», secondo alcuni storici nientemeno che il primo film italiano, girato dallo stesso proiezionista giunto da Torino.

Ma perché vi fosse un cinema vero e proprio, la Leonessa dovette attendere sino all'agosto 1907, quando in corso Palestro 44 (oggi sede di un negozio di borse) aprì il «Roi Soleil», in tempi di autarchia fascista costretto a mutar nome in «Sole». Ad aprirlo fu un mantovano, tal Vassallo, che risulta pure autore della prima pellicola girata in città: «Brescia alle due del pom. sul Corso del Teatro», con quel pomeriggio «monco» forse per esigenze di locandina. Girato nel 1889, fu proiettato per il pubblico nostrano all'allora Teatro Guillame, oggi Sociale.

Ma tornando alle sale, il successo del Roi Soleil, fu tale che immediatamente seguì lo stesso anno l'Edison di corso Magenta 5. E poi Brescia parve contagiata da una vera e propria «cinemania», al punto da essere punto centrale per la diffusione della nuova «arte» fin oltre i confini della provincia: riprova ne è un annuncio apparso sulle pagine dei quotidiani del 1911, col quale la «Società Cinema Brescia», nata nel 1908, cercava «in tutti i paesi delle province di Brescia, Bergamo, Mantova e Cremona locali già adatti o da attarsi a uso cinematografo». Poi venne il «Salon Parisien», noto pure come «Paris» e quindi ribattezzato «Cinema Magenta». Affacciava sul corso omonimo, dove ora ha sede una filiale della Deutsche Bank. Già nell'11 proiettava ininterrottamente dalle 14 alle 24 con prezzi che oscillavano dai 20 ai 50 centesimi (di lira). Con tanto, ai tempi del «muto», di vecchio pianista per l'accompagnamento e didascalie lette ad alta voce da un pubblico vociante. E di seguito l'Edison (in seconda battuta «Americano»), fino ai «cine» meno blasonati: come il «Lùmière» (poi Trento) in via San Faustino, noto quale «cine dei piöcc» per i suoi... frequentatori più assidui; o il «Vittoria» al Carmine. O ancora il «Cremona» del piazzale omonimo, sorto negli Anni '20 e specializzato in western e film «a serie» antesignani dei serial tv allora in voga; o al «Garibaldi» poi superato nel corso omonimo dal «Supercinema», prima sala aperta dalla famiglia Quilleri, in funzione fino al 2000, e ora in trasformazione in edificio residenziale.

Ma, con gli anni, anche sul corso Zanardelli fecero la loro comparsa nuove sale a rubare la «prima visione» alle sorelle più datate: così l'enorme «Crociera», ora chiuso e prossimo a divenire «Urban Center»; o il Centrale, sotto i portici, dove ora è un negozio d'abbigliamento. Le pellicole fecero il loro ingresso anche a teatro, dal Sociale al Grande. Poi, con piazza Vittoria, fu il turno del lussuoso Cinema «Palazzo», sala interrata appunto nel Palazzo della Sicurtà, con ingresso allora da via IV Novembre, e devastato dai bombardamenti. Vantava un primato: fu l'unica sala cinematografica in cui Gabriele D'Annunzio mise piede in vita sua - riportano le cronache - per vedere «Eskimo» di W. S. Van Dyke (1933). Lo soppiantò nel '47 l'«Adria» (ora chiuso), cui nel '48 si aggiunse il vicino Astra.

Ma i nomi delle sale cittadine formano una teoria lunghissima: nei ricordi di molti - e nell'elenco quotidiano degli spettacoli del Giornale di Brescia dal '45 in poi - figurano l'«Aquiletta» (l'odierno Auditorium San Barnaba), l'«Odeon» di via Porcellaga (poi sede dell'Upim e ora del Pam), il «Brixia» di via S. Faustino (oggi tra le sedi dell'università), il «Rik» e il «Nuovo» a Lamarmora. Tra i «sopravvissuti», il Moretto in centro e il Metropol di via Galilei, fino al Sociale. Senza tralasciare i cinema «interni»: il collegio Arici con la sala omonima in via Trieste, poi divenuta «Ambra» e ora auditorium della Cattolica, e la Pace col suo «Attualità-Pace». Per non parlare delle sale «a luci rosse»: il «Moderno» è oggi sede del Commissariato Carmine, l'Orbiter di via Solferino è diventato showroom di un'agenzia immobiliare, l'«Eden» di via Bixio è ora rinato a nuova vita.

Insomma, per 110 anni un bel po' di sale. A lungo consuete ai bresciani, sulle quali il buio è calato. Per sempre. Portandosi via risate e lacrime, bisbigli e batticuori, cappe di fumo respirate a occhi sgranati e frammenti di vita.
 

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