Da Brescia al Pakistan e il rifiuto al matrimonio combinato

Le voci di chi la conosceva ricostruiscono il profilo e la vita della 25enne di origini pakistane cresciuta a Brescia
LA MORTE DI SANA
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«Il padre ci faceva vedere le fotografie di quelli che potevano essere i mariti della figlia. Andava in Pakistan per organizzarle il matrimonio» racconta il proprietario di un negozio di frutta e verdura di Brescia.

Attività nel cuore del quartiere Fiumicello in città, proprio nella palazzina dove fino a novembre scorso ha vissuto Sana Cheema, 25 ennedi origini pakistane, cresciuta a Brescia dove si è diplomata, cittadina italiana da settembre. Morta in patria nei giorni scorsi per aver rifiutato il matrimonio combinato. Era innamorata di un ragazzo che vive nella provincia bresciana, come lei cittadino italiano di seconda generazione. Il padre e il fratello della giovane sono in stato di fermo nel distretto pakistano di Gujarat dopo essere stati accusati di omicidio dalla madre della giovane che aveva lasciato l'Italia in tutta fretta.

Gli inquirenti italiani sono in contatto con il Pakistan per avere risposte certe. «Sana se ne è andata dalla sera alla mattina» dice chi l'ha vista crescere. Gestiva un'agenzia di pratiche automobilistiche nella via parallela a quella di casa dopo essere stata dipendente di una scuola guida per anni. Il negozio dove curava le pratiche soprattutto per connazionali è ora completamente vuoto e c'è un cartello d'affitto. «Ha detto che andava in Pakistan perché aveva ricevuto una telefonata importante» riferisce un vicino di casa. «Non ha spiegato molto, ma solo che aveva un biglietto di ritorno».

Dal Pakistan le notizie che arrivano in Italia sono frammentarie. La comunità pakistana di Brescia aspetta di avere certezze prima di esporsi.

«L'hanno sgozzata» riferiva un'amica. Nelle immagini del funerale, celebrato immediatamente dopo il decesso, il corpo della giovane è coperto e non si riescono a vedere le ferite. 

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