Credito d'imposta per frodare il fisco: arresto a Brescia

Nei guai un uomo di 54 anni di Brescia, procacciatore al Nord di aziende in crisi da risanare illecitamente
Verifiche della Guardia di finanza Foto © www.giornaledibrescia.it
Verifiche della Guardia di finanza Foto © www.giornaledibrescia.it
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Il procuratore Savio lo aveva detto non più tardi di due mesi fa a Teletutto: «La criminalità organizzata offre servizi alle aziende». E in quelle ore a Brescia venivano sequestrati i beni del gelese Rosario Marchese, 33 anni, imprenditore d'assalto, ritenuto al vertice dell'organizzazione sgominata dalla Procura di Gela e dalla Guardia di finanza, che era riuscita a truffare all'erario 22 milioni di euro attraverso false compensazioni di crediti d'imposta in varie regioni d'Italia.

E ora l'indagine si è allargata: le manette sono scattate anche per Giuseppe Nastasi, 35 anni, di Gela, suo braccio destro e prestanome di aziende fantasma; Salvatore Sambito, di 38 anni, di Palma di Montechiaro, commercialista e revisore contabile; Roberto Goldaperini, di 58 anni, di Milano, avvocato, con l'incarico di risolutore delle controversie; Gianfranco Casassa, di 54 anni, di Brescia, procacciatore al Nord di aziende in crisi da risanare illecitamente; Rosario Barragato, di 46 anni, di Palma di Montechiaro, referente per le aziende del Sud. Coinvolte nelle indagini altri 117 soggetti: 66 persone e 51 imprese.

Le Fiamme gialle hanno inoltre proceduto al sequestro di beni, nella disponibilità dei 6 arrestati, per un valore di 22 milioni di euro, pari all'ammontare della truffa in danno dello Stato. Il meccanismo messo in piedi da Marchese, che recentemente ha subito il sequestro di 11 società e 2 ditte individuali in Sicilia, Piemonte, Lombardia e Veneto, perché ritenuto prestanome della famiglia mafiosa dei Rinzivillo, era efficiente e collaudato tanto da essere stato utilizzato per ben due anni, dal 2014 al 2016. Tramite professionisti contabili si individuavano le imprese in crisi, in passivo col fisco, soprattutto al Nord, e si offriva loro un piano di risanamento truffaldino che consisteva nella creazione di falsi crediti d'impresa ceduti da aziende fantasma con cui compensare i debiti.

Per evitare la presentazione del modello F24 attraverso i canali dell'Agenzia delle entrate, l'organizzazione effettuava versamenti minimi, anche di un euro, tramite gli sportelli o la home banking. In cambio, Marchese e soci avrebbero incassato complessivamente compensi per 4 milioni di euro.

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