Covid, gli ospedali cercano di smaltire gli interventi arretrati

Davanti alla crescita dei contagi, si cerca di recuperare velocemente le operazioni arretrate. Solo al Civile sono 250, ma il personale non basta
L'ingresso dell'Ospedale Civile - Foto © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso dell'Ospedale Civile - Foto © www.giornaledibrescia.it
AA

In un momento di risalita dei contagi e dei ricoveri, la Lombardia cambia il calcolo del numero dei degenti per Covid, invitando tutti gli ospedali a stralciare dal report quotidiano i pazienti «negativi», anche se ancora in ospedale e quelli ricoverati in reparti non dedicati ai casi acuti. Una strategia per evitare il cambio di colore, dal momento che la percentuale di malati di Covid-19 curati nei reparti di area medica (in particolare, malattie infettive, medicina generale e pneumologia) si sta velocemente avvicinando alla soglia del 15% fissata a livello nazionale come limite oltre il quale si possono attivare restrizioni per la popolazione.

In queste ore di preoccupazione massima per la ripresa della pandemia, la diversa modalità di conteggio, contenuta in una circolare inviata dalla direzione generale Welfare a tutte le Aziende sociosanitarie territoriali, si pone certo l’obiettivo di evitare che alla Regione il cambio di colore, ma anche di permettere agli ospedali di continuare nel non facile, e a tratti disperato, lavoro di recupero di tutta l’attività - chirurgica e medica - che hanno forzatamente sospeso per lunghi mesi. Lo smaltimento delle liste pregresse, già difficoltoso, si trova ora a superare ulteriori ostacoli che rischiano di compromettere il programma di recupero del 100% degli interventi chirurgici programmati rispetto al secondo semestre 2019, con un’aggiunta di diecimila sedute su base regionale. All’Asst Spedali Civili la mole di lavoro da smaltire entro fine dicembre è di circa 250 interventi programmati, ai quali ogni giorno si aggiungono le urgenze e l’impegno delle équipes chirurgiche per il prelievo e il trapianto degli organi. Un’agenda fissa sulla quale pende la spada di Damocle della pandemia che assorbe risorse sia all’interno dell’ospedale sia nei centri vaccinali.

Scala 4 al Civile

Scala 4.0, il padiglione del Civile interamente dedicato ai pazienti Covid, non è mai stata chiusa. Ridotta, certo, ma mai chiusa. E ora, con l’aumento dei ricoveri - oltre settanta in area medica e sette in terapia intensiva - cresce anche la necessità di destinare ulteriore personale a gestire quei reparti. A regime, con tutti i reparti Covid di Scala 4.0 aperti, servono cento infermieri e trenta medici che, in gran parte, vengono spostati dagli altri reparti, in un estenuante gioco ad incastri. Il vero problema è il Covid che ha assorbito immani risorse - non solo economiche - vanificando, di fatto, i benefici di quel passaggio da 6.564 a 6.943 dipendenti, oltre al turn over, all’Asst Spedali Civili. Di questi, parte sono impegnati nei posti letto aggiuntivi aperti per il Covid e parte nella campagna vaccinale (l’ultimo dato, di due settimane fa, è di 160 dipendenti destinati ad aumentare se non si troveranno alternative).

Il problema del personale sanitario

«La pandemia ci ha costretto ad elevare gli standard assistenziali per ragioni di sicurezza - spiega Massimo Lombardo, direttore generale Asst Spedali Civili -. Questo significa che, a fronte di un quadro mutato che costringe a ricoverare in una stanza due persone a fronte delle 3-4 pre-pandemia, servono più medici ed infermieri. Oggi sulla carta abbiamo più personale, ma con Scala 4.0 possiamo gestire meno letti». Meno letti significa una minor capacità non solo di ricoverare, ma anche di smaltire le attese che si sono accumulate nelle ondate pandemiche. «Questo comporta la necessità, maturata anche dall’esperienza con il Covid, di avere maggior dinamismo sui posti letto, passando da un’organizzazione rigida ad aperture variabili dei posti letto - continua il direttore generale -. L’intento è quello di aumentare l’attività nelle specialità, anche chirurgiche, in cui vi è una maggiore lista d’attesa: se si ragiona per gruppi di pazienti omogenei, ci sono margini di recupero. Dall’esperienza Covid abbiamo imparato che serve maggiore flessibilità che si ottiene mettendo in discussione l’organizzazione storica. Sapremo, però, trovare un equilibrio importante. Quello che ora ci preme, per dare risposte concrete alla domanda di salute della popolazione, è trovare la soluzione migliore nel medio periodo con il supporto di tutto il personale sanitario».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia