Corruzione, i finanzieri al telefono: «Dividiamo pani e pesci»

Per il giudice che ha firmato l’arresto, i cinque pubblici ufficiali andavano fermati perché «le loro condotte e l’atteggiarsi professionale sono ormai da considerare uno stile di vita». Avrebbero intascato mazzette e al telefono parlavano «della divisione dei pani e dei pesci». È quanto scrive il gip Carlo Bianchetti nelle 50 pagine di ordinanza di custodia cautelare che ha spalancato le porte del carcere ai quattro militari della Guardia di Finanza Cosimo D’Agnano, Gioacchino Pontrelli, Paolo Greco e Alessandro Cerri e al funzionario della Agenzia delle Entrate di Brescia Mario Micaletto, tutti accusati di corruzione insieme al commercialista Massimo Bulgari, già in cella da dieci giorni nell’ambito dell’ultima inchiesta bresciana sulle presunte infiltrazione della ’ndrangheta al nord, e all’imprenditore Alessandro Boldoni.
Disposti i domiciliari invece per gli altri imprenditori locali, Bruno Primerano, Roberto Taino, Emanuele Pedroni (atterrato ieri sera alle 23 in Italia) e Domenico Paterlini, ex sindaco di Travagliato, proprietario di una farmacia del paese fallita nei mesi scorsi. Proprio dalla figura di quest’ultimo è nata l’inchiesta condotta dal pubblico ministero Donato Greco dalla quale emergono presunte tangenti che i pubblici ufficiali avrebbero intascato, migliaia di euro per alleggerire controlli fiscali o, come nel caso del funzionario delle Entrate, «in cambio di una testimonianza di favore da rendere nel dibattimento per addolcire le posizioni accusatorie».
L’indagine ha preso il via dalle dichiarazioni di una dipendente dell’allora farmacia di Paterlini, che ha riferito che su disposizione del suo datore di lavoro lei e i colleghi «erano soliti consegnare gratuitamente medicinali e prodotti di cosmetica e para farmacia ai finanzieri Gioacchino Pontrelli e Cosimo D’Agnano».
I militari sarebbero stati anche corrotti con prestazioni gratuite di aerosol terapia e con visite oculistiche non pagate per i figli minori di Pontrelli. E dall’analisi del gestionale della Farmacia è emerso che «tali regalie - scrive il gip - erano annotate nel registro di carico e scarico dei medicinali mediante la dicitura "omaggio Gioacchino" e "omaggio Mimmo"». Mazzette che sarebbero servite anche per permettere ai finanzieri l’accesso abusivo alla banca dati del Corpo «visualizzando informazioni riservate relative alle imprese di Paterlini, così come ai soggetti che vantavano crediti nei confronti delle stesse».
Secondo la teste dopo una verifica avvenuta tra il 25 settembre e il 4 ottobre 2017 in farmacia, «D’Agnano, Pontrelli e Paterlini rimasero chiusi in ufficio per qualche ora con Paterlini che successivamente rivolgendosi ai dipendenti alla presenza dei due militari, disse che da quel momento in poi avrebbero dovuto consegnare gratuitamente a Pontrelli ogni prodotto che desiderasse».
Al centro dell’inchiesta c’è il commercialista bresciano Massimo Bulgari, lo stesso professionista al quale due settimane fa nel corso di una perquisizione disposta dalla Direzione distrettuale antimafia sono stati trovati 130mila euro in contanti in casa. È nel suo studio, e tramite il suo impegno, che i finanzieri D’Agnano, Pontrelli, Greco e Cerri e il funzionario dell’Agenzia delle Entrate Micaletto avrebbero ottenuto tangenti da decine di migliaia di euro dagli imprenditori coinvolti.
In due casi D’Agnano, dopo essere stato convocato in procura - prima dal pm Passalacqua il 14 aprile scorso e poi dal pm Milanesi il 23 giugno - per ricevere l’ordine di perquisizione da eseguire il giorno successivo, va a riferire, una volta fuori da Palazzo di giustizia, agli imprenditori citati dai magistrati, dell’imminente visita delle Fiamme gialle. E a fare da ponte tra imprenditori e pubblici ufficiali c’è sempre - secondo le carte - il commercialista Bulgari. Il 21 maggio un imprenditore intercettato gli chiede conto sull’impegno dei finanzieri ritenuti infedeli da chi indaga: «Cosa stanno facendo? Guarda che stiano lavorando come dici tu in un certo modo per me, io sto nelle tue mani nel senso che loro hanno visto che quando hanno chiesto ho dato, quindi mi dicano cosa stanno facendo».
Per il gip: «Bulgari dava piena prova di essere il regista dell’intero accordo corruttivo» e - viene scritto - «la documentata attitudine dell’indagato ad ottenere indebiti favori a pubblici ufficiali denota una spiccata pericolosità sociale». Secondo le indagini tutti i pubblici ufficiali arrestati e ora in carcere, «erano stabilmente collegati al fine di ottenere, in capo al soggetto privato, indebiti vantaggi come conseguenza di comportamenti antidoverosi».
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