Condannato a seguire un corso per gestire la rabbia

È stato condannato ad un anno e cinque mesi per maltrattamenti in famiglia e lesioni ai danni dell’ex compagna. Il giudice ha subordinato la sospensione condizionale della pena, alla sua partecipazione, con esito positivo, ad un percorso di recupero finalizzato alla gestione della rabbia.
È questo l’esito con il quale si è concluso il processo a carico di Claudio Chimini, 57enne di casa in città accusato dal sostituto procuratore Lorena Ghibaudo di maltrattamenti in famiglia e di lesioni aggravate ai danni dell’allora compagna convivente.
Le accuse
I fatti, così come denunciati dalla vittima e confluiti nel capo di imputazione, risalgono all’estate del 2017. Siamo a luglio. Gli episodi si susseguono in rapida sequenza. Le liti si fanno sempre più frequenti e sempre più aspre. Lui le intima di lasciare l’abitazione nella quale vivono, pur sapendo che la sua casa è inagibile per i lavori di ristrutturazione decisi e intrapresi assieme. La tensione, racconta lei agli inquirenti, cresce con il passare delle ore.
E con questa aumenta la paura. La donna si barrica in una stanza, dove mangia, dorme, lavora. Lui - così emerge dalla denuncia - cerca di forzarne la serratura, anche utilizzando un cacciavite. Non si limita agli insulti, ai peggiori insulti. Tra il 2 e il 3 di quel mese alza le mani. In un occasione, racconta la compagna agli agenti di Polizia, lui la afferra per il collo, la butta a terra e le sputa sul viso. Nell’altra, con la scusa di recuperare alcuni oggetti nella sua stanza, riesce a convincerla a farsi aprire, una volta all’interno però la prende, la getta a terra e la prende a calci.
La denuncia
L’ultimo episodio contestato al 57enne è del 26 luglio di quello stesso anno. Secondo la ricostruzione fatta propria dal pubblico ministero l’uomo la stringe, la scaglia contro un mobile, poi la trascina verso la porta finestra e urlandole «adesso voli giù» la schiaccia contro il parapetto del balcone, con la parte superiore del busto sospesa nel vuoto. In quegli istanti la compagna si fa male. All’ospedale, dove si presenta per la medicazione, le riscontrano ecchimosi ad entrambi gli avambracci, ma anche ad entrambe le gambe. Ferite che i medici giudicano guaribili in venti giorni. La relazione finisce. Scattano le denunce. Dopo cinque anni il processo e la condanna.
Codice rosso
Condanna che sarà sospesa, come prevede una specifica disposizione del codice penale, dopo la modifica introdotta dalla legge che ha dato corpo al Codice Rosso in materia di contrasto alle violenze di genere, solo in caso di partecipazione ad un percorso riabilitativo.
Il comma sesto dell’articolo 165, così come modificato dalla legge entrata in vigore nell’agosto di tre anni fa, prevede infatti che in caso di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, stalking, ma anche lesioni e lesioni aggravate «la sospensione condizionale della pena è comunque subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i medesimi reati».
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