«Con la pandemia sono cambiata per sempre»

Unico contatto tra mondo esterno e malati, una centralinista della Poliambulanza offre la sua toccante testimonianza dei giorni della pandemia
La corsia della Poliambulanza durante l'emergenza coronavirus - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
La corsia della Poliambulanza durante l'emergenza coronavirus - Foto Gabriele Strada /Neg © www.giornaledibrescia.it
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Prosegue la pubblicazione delle testimonianze di «Cuori in prima linea»l'iniziativa promossa da Giornale di Brescia e IntesaSanPaolo: abbonamenti trimestrali gratuiti al GdB in versione Digital e la possibilità riservata, sempre al personale sanitario che ha affrontato la pandemia in tutta la sua durezza - professionale e psicologica -, di raccontare le storie vissute durante la pandemia per farne un prezioso patrimonio di testimonianze da preservare.

Le storie possono essere inviate all'indirizzo email cuorinprimalinea@giornaledibrescia.it.

Sono mamma di tre ragazzi in età scolare, sono non vedente e separata, da quel maledetto 28 febbraio in cui io ho lasciato l’ufficio per tornare poi il lunedì successivo, nulla è più stato lo stesso. Il venerdì in ospedale avevamo due malati Covid, quando sono tornata il lunedì già erano stati smantellati alcuni reparti, da lì è stata l’apocalisse, ogni giorno per tre interminabili mesi, mi sono recata al lavoro, rispondendo alle chiamate dei parenti che disperati chiedevano anzi ci supplicavano di dargli notizie riguardo ai loro cari. Alcuni anzi tantissimi addirittura chiamavano per sapere se i loro congiunti erano stati portati da noi o altrove, perché non si capiva più niente.

Le ambulanze prelevavano le persone e nessuno sapeva dove le avrebbero portate. Alcuni familiari mi hanno chiamato dicendo che hanno lasciato i loro cari appena saliti in ambulanza e hanno ricevuto dopo pochi giorni un sacco nero contenente effetti personali dalle pompe funebri. Una signora addirittura mi ha pregato di chiedere agli infermieri che portassero dei ghiaccioli a suo marito, perché continuava a chiamarla dicendole che sentiva un fuoco dentro e che aveva tantissima sete. Abitando a Manerbio, vicino all’ospedale, neanche tornando a casa avevo un attimo di pace, le sirene delle ambulanze squarciavano in continuazione il silenzio della notte, E dopo aver fatto il dovere di mamma, seguendo anche i ragazzi con le video lezioni, le notti per me risultavano interminabili, credo di aver dormito pochissime ore durante questi mesi, pensando e ripensando tutte le storie personali e ai vissuti che mi venivano snocciolati uno dopo l’altro al telefono. Sono stati giorni in cui si sono incrociate storie personali incredibili, giorni che hanno segnato per sempre la mia vita.

Barbara Menoni - centralinista Poliambulanza

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