Com'è fatta un'acciaieria, da dentro: viaggio nello stabilimento Alfa Acciai

Per generazioni di bresciani che sono passati dalla zona Est della città senza aver mai lavorato nel grande impianto di via San Polo, l’Alfa Acciai appare come una fortezza impenetrabile. Molti non conoscono affatto la sua struttura, le fasi di produzione, i cambiamenti normativi sulla tutela dell’ambiente intercorsi negli ultimi decenni, anche grazie al diritto europeo.
Ma un pezzo fondamentale della storia di Brescia scorre dentro e attorno a queste colate di metalli incandescenti. Ecco perché le occasioni di apertura al pubblico dell’impianto sono importanti per capirne il funzionamento. E l’appuntamento di oggi aveva un valore ancora più profondo perché rivolto in primo luogo a un gruppo di giovanissimi appena usciti dalle scuole di diversa provenienza.
Una trentina di persone - in maggioranza ragazze e ragazzi tra i 17 e i 25 anni - hanno trovato porte aperte, tutti i reparti visitabili, processo produttivo in funzione e tecnologie in mostra per l’open day di Alfa Academy, nata dalla collaborazione tra Its Academy Machina Lonati e l’azienda siderurgica specializzata nella produzione di acciaio per cemento armato e semilavorati.

Gli studenti hanno incontrato i responsabili del gruppo per un primo approccio teorico, per poi essere guidati tra macchinari, forni e contenitori alti decine di metri dalle stesse persone dei team in cui saranno inseriti, se inizierà per loro l’anno di formazione-apprendistato: hanno potuto così rivolgere domande specifiche ai futuri colleghi.
Come funziona l’acciaieria?
Ma come funziona nello specifico questa acciaieria? Dotati di caschetto, occhiali di protezione, casacche catarifrangenti e altri Dpi, varchiamo gli ingressi del grande stabilimento. Tutto parte da rottami di ferro, presente in massimo grado insieme ad altri materiali nei cassoni dei camion o dentro i tir che raggiungono l’azienda da via Massimini. E infatti la partita ambientale si gioca e si deve giocare nel controllo delle impurezze presenti nei materiali eterogenei, come quelli plastici o nella rilevazione della radioattività già nei portali d’accesso.

L’azienda che esiste da 70 anni fa parte di una costellazione di altre società e produce 2,5 milioni di tonnellate all’anno d’acciaio. Allo stato attuale la maggior parte delle risorse in ingresso è fatta di pezzi di recupero e materiali in disuso, non di metalli disponibili allo stato naturale. Quindi parti di cucine, automobili, elementi di sedi stradali o derivanti dalla demolizione degli edifici. «Partiamo oggi al 100% da rottami che provengono da discariche» ha spiegato Sebastian Lopez, il responsabile dell’Ufficio tecnico che ha preparato i ragazzi alla visita.
Il rottame viene caricato in un forno, ossia un contenitore di acciaio rivestito all'interno di materiale refrattario. Grazie all’energia si produce il cosiddetto «arco elettrico» a una temperatura altissima di 5000 o 6000 gradi centigradi, per fondere il metallo, che da solido diventa liquido. «Ogni 35 minuti escono circa 100 tonnellate di acciaio dai nostri forni, diciamo che ogni mezz’ora facciamo diventare liquido un peso equivalente a 100 auto».
Siviere, lingottiere, liquidi incandescenti e passaggi di stato

Il liquido ardente cola come nella forgia di Vulcano in un enorme recipiente chiamato siviera e viene spostato negli ambienti della cosiddetta metallurgia secondaria. «Uso sempre la metafora della preparazione di una pasta con il sugo, per spiegare le fasi - dice Lopez ai ragazzi -. Tutti gli elementi dovranno presentare le caratteristiche meccaniche e chimiche necessarie. Quindi dovete immaginare il forno come il fornello di una cucina in cui metto a cuocere la pasta, ossia i materiali recuperati. Dopo aver assaggiato il sugo con il soffritto, in cucina, mettiamo gli ingredienti che mancano per creare il prodotto finale. La stessa cosa succede qui».
Pochi minuti dopo le spiegazioni teoriche, andiamo insieme agli studenti a vedere la produzione effettiva con i lunghi nastri di billette incandescenti la cui sezione cubica è di 130 millimetri per 130, usciti dalla macchina di colata continua.

La siviera svuota il suo contenuto in un altro recipiente chiamato «paniera» su linee di colata continua, che permettono un raffreddamento veloce. «L’acciaio liquido si trova a una temperatura 1600/1700 gradi, sufficientemente calda per farci del male - ecco perché vanno seguite alla lettera le procedure di sicurezza - ma non abbastanza per deformare facilmente il prodotto. E infatti succede come con la cioccolata calda - continua Lopez -. Si crea una “pelle” sufficientemente robusta per permettere il raffreddamento all’interno. Nella macchina il cuore caldo scende così di temperatura». È il momento del tagliacannello, che entra allora in azione e taglia i «serpentoni» delle billette. Oppure inizia il processo nei forni di laminazione in cui la materia viene riscaldata nuovamente.
Qui i materiali si diversificano dando luogo a barre, rocchettati - cioè barre più lunghe avvolte come in un mega rocchetto da cucito -, e poi «ribobinati, reti elettrosaldate a temperature di 90 gradi, ossia quelle che si vedono nei cantieri per costruire i pavimenti: perché altrimenti, senz’anima di acciaio, il cemento si spaccherebbe». L’altro risultato è la vergella, per prodotti simili di forma ma di leghe diverse, per filiere che non necessariamente sono legate all’industria edilizia.
Ambiente: come vengono trattate le scorie?

Ma in tutto questo processo appare determinante anche il trattamento delle scorie. «Spesso le impurezze diventano prodotto per conglomerati bituminosi, altrimenti dovremmo cercare in natura il basalto» continua Lopez. Ma nelle scorie non potrebbero trovarsi materiali inquinanti nocivi alla salute, anche se usati per fondi stradali e altre infrastrutture o elementi di costruzione? «Infatti bisogna rispettare le normative esistenti proprio perché si tratta di un prodotto che può finire nelle strade, magari in aggregati per calcestruzzo. Vanno garantite assolutamente le qualità meccaniche e ambientali. I nostri prodotti Cam seguono i dettami delle direttive europee in materia. Cam significa “Criteri ambientali minimi”, quelli richiesti dalla Ue riguardano sia il prodotto principale che gli scarti i quali diventano materia prima per altri processi».
Industrie «energivore»: come guardare al futuro?
La metafora del cibo viene ripresa anche da Matteo Fenotti, il coordinatore Ufficio ambiente che spiega altri dettagli. «Diciamo che il “sugo” di cui parlava Sebastian nella sua metafora alimentare l’abbiamo preso da una scatoletta in acciaio, quelle che voi giustamente conferite al vostro Comune che le prende in gestione. Quelle scatolette, come le lavatrici e lavastoviglie o gli elementi che arrivano da smantellamenti industriali, sono ricchi di acciaio: è materiale che si può riciclare infinite volte rifondendolo. La raccolta differenziata è la base dell’economia circolare dell’acciaio: di norma il 99% del materiale andrà riciclato, solo l’1% restante è ferrolega».

Per il processo però serve tantissima energia, elettrica e chimica. «In termini di CO2 il processo di fusione lascia un’impronta carbonica altissima: per “fare” una mia tonnellata, ne emetto 2 di anidride carbonica. Oggi la situazione tradizionale, nell’ottica della neutralità climatica cui si deve aspirare, è fuori da ogni schema. Possiamo però dire che nell'ambito EAF (Electric Arc Furnace) in Italia la media di questa “impronta” è 135 mentre Alfa Acciai per le tecnologie installate è adesso al di sotto di questi numeri e si attesta a 48». Ma ci possiamo fermare qui? «No, bisogna scendere ulteriormente. Vogliamo ridurre da qui al 2030 il nostro impatto, vogliamo sostituire il materiale carbonioso con altro. Portiamo avanti progetti per usare polimeri di scarto, plastica da lega di carbonio e idrogeno, e molta plastica anche da biomasse, quindi dal mais ad esempio. E usare energia elettrica che venga non da fonti fossili ma rinnovabili».
Ed è possibile in questo senso valorizzare i residui? «Certo, lo facciamo con la scoria nera e le polveri ricche in zinco, ad esempio Tecnofil - che fa parte del gruppo - utilizza zinco metallico, così non estraiamo nuovo zinco. E le scaglie di laminazione vengono utilizzate nel processo di produzione del clinker di cemento. Poi è possibile recuperare calore da circuiti raffreddamento per il teleriscaldamento di A2A, come già abbiamo fatto nell’ultimo biennio: 6000 gli appartamenti di San Polo coinvolti da questo recupero. Vogliamo far crescere la gestione sostenibile del progetto».
Quali sono le impressioni dei ragazzi?
«È una totale novità per me» commenta uno dei ragazzi durante il tour in azienda. Mustafà abita a Montichiari e si è appena diplomato all’Itis e non aveva mai visto le colate d’acciaio liquido dentro i giganteschi macchinari. «Sono un perito informatico ma in realtà non sono interessato in modo così specifico ed esclusivo a quell’ambito, e quindi ho deciso di aprirmi anche ad altri campi, magari legati al settore che ho approfondito ma in modo più ampio». L’impressione oggi è stata quella di una professione impegnativa in un settore tecnologicamente avanzato? «Potrebbe essere dura al principio, senza dubbio. Ma penso che dopo lo scoglio iniziale si possa con impegno imparare a far tutto».

Alessandro viene invece dal Don Bosco e abita a Brescia: «Ero molto curioso di vedere come funziona e allargare la mia esperienza di formazione: questo è davvero un nuovo mondo. Mi è piaciuto vedere cosa c’è dietro quello che di solito pensiamo di conoscere ma non abbiamo mai visto da vicino. Quello che ho osservato mi ha spinto ad approfondire». Un altro ragazzo, che vive nel quartiere Sant’Anna a Brescia e si chiama anche lui Alessandro, ha frequentato la stessa scuola. «I responsabili dell’azienda sono venuti a presentarci il loro percorso: quello che ci è stato mostrato ha suscitato la mia curiosità, tanto che ho deciso di cogliere questa opportunità sostituendo il quinto anno tra i banchi con questa doppia chance di imparare nuove materie e fare un apprendistato, per maturare un’esperienza lavorativa. Mi sembra organizzato bene, lo dico dopo aver visitato molte aziende. Mi interessano pneumatica ed elettronica soprattutto».
La maggior parte degli studenti sono ragazzi ma si è affacciata a questa realtà anche qualche ragazza («no, nella mia scuola non c’era presenza femminile» ci dice sconsolato uno dei giovanissimi). Qui si affaccia tra le altre Gloria di Nuvolera, che ci racconta le sue impressioni. «Non avevo mai visto una produzione così ampia. Mi interessa questo insieme di meccanica, informatica ed elettronica. Quello che mi dispiace è che non ci siano, appunto, tante altre studentesse con cui condividere l’esperienza. A me però sono proprio congeniali questi ambiti».
A lezione con il direttore dell’impianto
Molti gli esperti che con pazienza, e scendendo nel dettaglio, hanno spiegato ambienti e lavorazioni ai ragazzi. Tra loro lo stesso direttore di acciaieria, Juri Rossetti, che ha condiviso moltissime informazioni con gli studenti e ha spiegato come gli impianti si fermino per manutenzione di norma 8 ore, mentre in Alfa Acciai si arriva a un lasso di tempo di 24, per permettere tutte le attività di manutenzione. Ha spaziato dal robot che etichetta le billette alle caratteristiche delle lingottiere e all’importanza della polvere di copertura nei passaggi di raffreddamento che serve a impedire l’ossidazione, dalle operazioni del capo-macchina sul «pulpito» ai costi e alle dimensioni dell’energia impiegata, fino al funzionamento dei tre elettrodi tra cui passa la corrente che serve a trattare il rottame.

E poi l’energia chimica e le termocamere che servono a capire quando escono acciaio o scorie, i portali che servono per analizzare e trattare le contaminazioni, le aspirazioni primarie e secondarie dei fumi, i controlli sul vapore acqueo («controlli doverosi e obbligatori»). I contenuti polverosi e le diossine sono controllati al secondo, poi ci sono verifiche sulla media ogni 15 minuti e ogni ora. E un lavoro che presuppone motivazioni forti, l’affiatamento del gruppo e competenze specifiche sempre più raffinate.
Le materie del corso e i link utili

Vincenzo Sidoti, responsabile delle risorse umane di Alfa Acciai, si è rivolto ai ragazzi cercando di far comprendere gli scenari: «Opererete in sistemi complessi e vari, per un ruolo di manutenzione fondamentale, che si esplica anche utilizzando nuove ed essenziali tecnologie. Studierete matematica di base, fondamenti di elettrotecnica ma anche tutela della salute e manutenzione preventiva e predittiva dei sistemi elettrici e meccanici, cioè il futuro, per evitare incidenti e guasti. E il diploma da manutentore e installatore è riconosciuto a livello europeo. Crediamo nei giovani e vogliamo favorire uno scambio di competenze virtuoso tra le diverse generazioni». Per chi inizierà il corso si tratta appunto di un anno di istruzione e formazione tecnica superiore «che dà diritto a una retribuzione, le candidature sono ancora aperte. Ci si rivolge a chi ha un diploma di scuola superiore o ha fatto il quarto anno IeFP. Possono partecipare studenti che non abbiamo compiuto il 25esimo anno d’età residenti o domiciliati in Lombardia» come spiega Anna Azzoni.
Presente alla giornata aperta anche Ettore Lonati, presidente di Alfa Acciai che ha rivolto alcune domande sulla motivazione dei ragazzi - «sono più emozionato io di voi nel vedere tanta gioventù» - e ha mostrato la sua soddisfazione nel constatare che la proposta tecnico-scientifica interessa anche alle studentesse. «Se studiate, vi preparate e cercate di integrarvi nell’ambiente di lavoro avrete senz’altro un futuro interessante». Dell’universo del gruppo Alfa Acciai ha parlato Giacomo Disarò che è il «chief operating officer». «Il network lega Brescia, Udine, Catania e altre città d’Italia comprendendo anche Acciaierie di Sicilia, Tecnofil, Alfa Derivati, Ferroberica per un miliardo e mezzo di fatturato: una costellazione che ha un mercato molto ampio e diversificato».
Il corso

Il corso inizierà il primo novembre 2023 e prevede un percorso di apprendistato con formazione interna in Alfa Acciai (544 ore) ed esterna in Its Academy Machina Lonati, con lezioni pratiche in laboratori esterni (456 ore) e un periodo di lavoro in azienda (1.092 ore). Ai partecipanti sarà offerto un contratto di apprendistato di primo livello: la formazione Ifts è quella di Tecnico addetto all’installazione e manutenzione di impianti industriali. Informazioni sul sito di Alfa Acciai nella sezione «Lavora con noi», al numero 030.23911 o tramite mail a personale@alfaacciai.it.
Prima un diploma tecnico e poi per alcuni l’università
Sul territorio bresciano e nazionale le figure dei manutentori e installatori di impianti sono sempre più richieste, mentre «il numero di candidati con formazione adeguata è molto basso - ci spiega Camilla Sandonini, responsabile ricerca e selezione -. Viene fatta una ricerca spasmodica, continua, tra un’azienda e l’altra, senza guardare realmente le competenze acquisite dai giovani. Quindi abbiamo voluto creare un processo reale che sia un connubio tra una parte in aula con classi al massimo di 12 ragazzi e una parte sul campo.
È aperto a tutti, non bisogna venire da istituto tecnico specifico: infatti oggi ci sono ragazzi da istituti professionali con formazione da ottici o nel marketing. E da questo percorso si può arrivare alla gestione di interi uffici tecnici perché poi si può proseguire nella formazione. Molti dipendenti che lavorano qui si appassionano e proseguono con l’università. E i ragazzi del quarto anno delle professionali che prendono questo diploma è come se avessero frequentato il quinto anno: poi possono ampliare le loro chance aprendosi alla formazione universitaria».
@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
