Cinquantamila bresciani non hanno un medico di base fisso

I posti scoperti sono 75. In servizio ci sono 674 medici, ma non bastano, e le persone si rivolgono alla guardia medica o al pronto soccorso
Tra i medici di base nel Bresciano è forte il divario numerico tra chi va in pensione e chi sceglie la professione
Tra i medici di base nel Bresciano è forte il divario numerico tra chi va in pensione e chi sceglie la professione
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Cinquantamila bresciani non hanno un medico di medicina generale fisso. Il saldo tra chi va in pensione, o cambia progetto di vita, e chi inizia la professione, è negativo da anni.

«Servono terapie urgenti e radicali che vadano alla radice del problema. Bisogna parlare e ascoltare i giovani per capire come mai non sono più attratti dalla medicina sul territorio» ha affermato Claudio Sileo, direttore generale Ats Brescia, in un recente incontro nella sala Libretti del Giornale di Brescia, in via Solferino. Dati alla mano, il direttore prospetta un futuro non esattamente confortante.

Nel Bresciano sono 75 i posti scoperti di medicina generale (64 nel territorio di Ats Brescia, undici in quello dell’Asst Valcamonica). Un numero che si è ridotto rispetto alla rilevazione pubblicata lo scorso settembre da Regione Lombardia. Questo in seguito all’ultima convocazione di medici riservata ai giovani del corso di formazione triennale in Medicina generale ai quali sono stati offerti incarichi su posti vacanti per un numero di assistiti che va da 650 a 1.000.

Attualmente, sono in servizio 674 medici di base (640 titolari e 34 incaricati). Tra i titolari, 54 hanno un massimale di 1.800 assistiti per sopperire le carenze e prendere in carico i cittadini rimasti senza medico.

Cosa accadrà nei prossimi anni? Nel 2022 si sono dimessi in 79: ventidue perché hanno compiuto settant’anni e se ne sono andati in pensione. Una scelta che hanno condiviso in gran parte anche con gli altri 67 anche se, tra questi, vi è chi è emigrato in altre realtà. Il quadro delle dimissioni è in crescendo. Già nel corso del 2023 saranno venti i medici che andranno obbligatoriamente in pensione per aver compiuto settant’anni. Tuttavia, sempre nell’anno appena iniziato, ce ne sono 167 che di anni ne compiono 65 e possono decidere spontaneamente di andare in pensione se hanno maturato i requisiti, oppure di dimettersi (ovvero, di «uscire» dalla convenzione con il Servizio sanitario).

Il rischio per gli ambulatori

Già tremano i polsi a pensare che entro fine anno quasi duecento ambulatori potrebbero essere abbandonati dai loro titolari. A maggior ragione se si valuta che al corso di Medicina generale per il triennio 2021-2024 sono 53, a fronte di oltre settanta posti disponibili. Si punta molto sul prossimo bando di concorso pubblico per il triennio 2022-2025, che prevede un numero ancora maggiore di posti a disposizione. «È un numero finalmente congruo - ricorda il presidente degli Ordini dei medici Filippo Anelli - ma le carenze sul territorio sono tali che, per i prossimi cinque anni, fino a che saremo sul picco della gobba pensionistica andrebbero stanziate a livello nazionale quattromila borse l’anno in più».

A proposito, non andrà meglio nel 2024: saranno in 31 quelli che andranno in pensione e 163 quelli che potrebbero andare perché superati i 65 anni di età; nel 2025 i pensionati reali saranno 34 e quelli potenziali 190.

Mancano anche pediatri e guardie mediche

Se la carenza dei medici di medicina generale mette in ginocchio la medicina territoriale per gli adulti, la situazione non è migliore per i pediatri.

Sempre meno sul territorio e sempre meno iscritti alle scuole di specializzazione. Per non dire della continuità assistenziale, garantita da medici che entrano in servizio dopo le otto della sera, nei prefestivi e nei festivi, quando gli ambulatori dei medici di famiglia sono chiusi. Nel Bresciano le postazioni di «guardia medica» sono 29. Per tenerle aperte ogni notte servono 35 medici, che salgono a 45 il sabato e i festivi. Non ci sono, prova ne è che all’ultima convocazione straordinaria, effettuata pochi giorni fa dall’Agenzia di tutela della salute, hanno risposto in pochi. Questo significa che 26 postazioni, a rotazione, saranno chiuse. Scatta, a quel punto, lo strumento del «vicariamento»: gli assistiti vengono indirizzati alla postazione aperta più vicina.

Ricadute sul pronto soccorso

Ecco che per molti il punto di riferimento sicuro rimane il pronto soccorso, anche se il problema di salute potrebbe trovare risposte sul territorio. Si entra così nel circolo vizioso delle lunghe attese, spesso inevitabili quando non si tratta di emergenze o urgenze, le uniche che giustificherebbero un ricorso al pronto soccorso. Non se ne esce.

Il precedente governo, in piena pandemia, nel nuovo disegno della sanità territoriale aveva annunciato una riforma del ruolo dei medici di medicina generale, con l’obbligo di lavorare un minimo di ore nelle Case di Comunità e nel distretto. La misura è rimasta nei cassetti e la partita è più che mai aperta. Inutile ripetere che servono «terapie urgenti e radicali». Servono risposte. Alcune sono state date, come gli ambulatori di medicina territoriale aperti dall’Agenzia di tutela della Salute a Serle e a Preseglie. O gli ambulatori temporanei diffusi previsti da Regione Lombardia che potrebbero partire a breve. Risposte che saranno oggetto di approfondimento nella prossima puntata.

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