Cimabue, i micro cantieri e il sogno riqualificazione

Arianna voleva diventare una parrucchiera. Di quel sogno, ora, resta il ciuffo blu dei capelli. Ha due figli: il piccolo di due anni e il grande di cinque. Siccome non lavora, non ha neanche tentato di iscriverli all’asilo, così trascorre le sue giornate a prendersi cura di loro e a farli giocare, perché a casa di Arianna di soldi da poter spendere per le attività sportive o musicali non ce ne sono. Suo marito fa un po’ il muratore e un po’ l’imbianchino: alla fine del mese riesce a portare nel portafoglio di casa circa 800 euro, ai quali si aggiungono gli assegni famigliari. Affitto, bollette, spesa, assicurazione dell’auto, qualche vestito per i bimbi e poi non resta praticamente niente. Arianna vive nella torre Cimabue.
Lì è cresciuta, lì si è innamorata e lì è rimasta a vivere anche dopo il matrimonio. Il grattacielo lo conosce come le sue tasche e ammette: «Di gente scapestrata che fa dispetti e atti di vandalismo ce n’è tanta. Queste persone non capiscono che se rompono il tasto dell’allarme antincendio o se gettano la spazzatura dalla finestra, alla fine, ci rimettiamo tutti.
La situazione non è certo delle migliori, è chiaro. Bisogna ammettere che in questi ultimi anni alcuni problemi sono stati affrontati, anche se non risolti del tutto e alcuni ritocchi sono in corso. Non bastano per dire che sia contenta di fare crescere qui i miei figli, ma almeno ho una casa: spero sempre in un intervento da cima a fondo. Qui ce lo diciamo in molti: servirebbe un’operazione come alla Tintoretto ma con l’Erp. Servirebbe, ma non avverrà».
Investimenti
Qualche cantiere, in effetti, è in corso: complessivamente i ritocchi per sistemare qua e là la Cimabue, rimasta ormai orfana della gemella Tintoretto, stanno costando un milione e 700mila euro. Solo la prima parte dell’adeguamento antincendio è costata 775.519 euro e non è stata un’impresa facile: il palazzone sconta il peso inesorabile del tempo e, quindi, della vecchiaia.
«I lavori - spiega l’assessore alle Politiche per la Casa, Alessandro Cantoni - hanno portato alla luce diverse problematiche dell’immobile connesse sia alla particolare tipologia del complesso edilizio sia evidenziate dagli inquilini. Questo intervento è stato quindi l’occasione per tentare di risolvere anche altri aspetti, a partire dalla riqualificazione degli spazi comuni».
Restyling che in questo momento vede all’opera gli operai impegnati nella tinteggiatura, verniciatura e finitura delle zone interne condivise del grattacielo. Nel frattempo, stanno per essere conclusi la ripavimentazione delle rampe di accesso alla torre e l’adeguamento degli impianti elettrici per la fornitura dei nuovi piani a induzione, come richiesto dai Vigili del fuoco che avevano sottolineato la necessità di rimuovere le linee di gas che attraversavano gli alloggi e la facciata.
Un intervento da cima a fondo «servirebbe davvero, ma non avverrà» dice Arianna. La sua voce non fa trapelare né rivendicazioni né speranze, solo un’educata rassegnazione. «La politica ha smesso ormai di pensare all’edilizia popolare, così quando mette mano a qualcosa, anche se si sa bene che non sia sufficiente sembra sempre una grande rivoluzione, come se qualcuno ci stesse facendo un enorme favore».
Qualcosa in positivo, però, è cambiato a Brescia: «Un tempo, quando ero piccola io, la distanza tra San Polo e il centro rappresentava più una distanza di mezzi e di opportunità. Oggi no: l’accesso ai servizi c’è. Oggi la città è diseguale in termini di reddito e alcune richieste non sono lussi ma possono cambiare davvero la percezione di chi vive qui. Può aiutare, ad esempio, a invitare i genitori degli amici dei miei bimbi senza vergognarsi e, quindi, a far trascorrere loro delle ore felici anche senza attività sportive o regali. Ma ci sono storie che non si vogliono ascoltare». E allora, forse, il problema è che si parla molto del palazzo e poco delle persone.
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