Chitarre, mandolini, ukulele di Giuseppe, liutaio per sfida

Nel 1998 «l’incontro» con uno strumento gettato in un cassonetto. Poi i corsi e tanto impegno
Il liutaio di Botticino Mattina con alcune delle sue creazioni - © www.giornaledibrescia.it
Il liutaio di Botticino Mattina con alcune delle sue creazioni - © www.giornaledibrescia.it
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Il legno, ascoltato e accarezzato. La sagoma, in testa prima che tra le mani. E la passione che dà forma, addomesticando tempi e attese, e poi vibra al vibrare delle corde. Giuseppe Veschetti è un 63enne pensionato di Botticino Mattina che, tra le mura di casa, riempie le giornate dilettandosi come liutaio.

Per un passatempo, il suo, nato oltre vent’anni fa quasi per caso, e poi fattosi arte. «È cominciato tutto nel ’98 – conferma lui, allora meccanico di rotative al Centro Stampa Quotidiani – ho trovato una chitarra rotta vicino a un cassonetto, l’ho riparata e ho deciso di imparare a suonarla».

Dall’iscrizione a un corso al Museo Musicale Bresciano e una bonaria sfida con il maestro Virginio Cattaneo è scattato l’innesco decisivo: «Mi ammonì che quella chitarra non suonava, allora gli dissi che ne avrei costruita una io, replicando al suo “set bù de fala?” con la scommessa che gliel’avrei portata entro la fine del corso». E così è stato. A quella prima classica, sono poi seguiti molti altri strumenti a pizzico, tutti plasmati da autodidatta.

«Nel successivo anno, di fronte a strumenti davvero belli, ho pensato di realizzare un’altra chitarra, modellando la Lory, ad oggi l’esemplare migliore. Quindi ho cominciato a conoscere liutai del Cremonese e della nostra provincia, a catturare ciò che vedevo, e, sempre in quegli anni, ho iniziato il primo mandolino». Poi un grave lutto lo ha portato a mettere da parte tutto. Ma la passione non si è spenta. Anzi, è rimasta a decantare, come il vino buono, fino al 2013, al pensionamento, quando i legni di ebano, mogano, acero, palisandro hanno ricominciato a parlargli. «Se non trovo quello che al tatto, alla vista, mi dà l’input, nemmeno comincio. Oltre a sei chitarre classiche, che nella paletta hanno il marchio distintivo, sono nati due acustiche, gli ukulele - concerto, soprano, tenore e cigar box, ricavato in una scatola di sigari – una cigar box guitar, e due mandolini, il mio orgoglio».

Di tutti, Veschetti, con maestria, ne tratteggia il progetto, predispone forme e strumenti di lavorazione (da lui costruiti), li sagoma, rispettandone i tempi, quindi li vernicia con gommalacca a tampone. In ciascuno, oltre al cartiglio, cela una «v» come firma, infine, isolandosi una giornata nel suo labroratorio, li accorda: «l’emozione più grande arriva lì, quando i suoni, che fino a quel momento erano solamente immaginati, prendono corpo, ed è un po’ come sentire il primo vagito di un bambino».

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