Chiesanuova, quartiere dispersivo che sogna il salto di categoria

Villette e casermoni, grossisti e aziende in una zona che non vuole sentirsi tagliata fuori dal resto della città
Il nucleo storico del quartiere Chiesanuova - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
Il nucleo storico del quartiere Chiesanuova - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Marco non ha ancora tolto il cellophane dalle vetrine, ma l’insegna c’è già. My 3D Factory, si legge all’ingresso: da due giorni è il suo regno, all’angolo tra via Fura e via Torino. Ha 32 anni, di cognome fa Vizzari ed è nato e cresciuto a Chiesanuova. «Mi sembrava giusto aprire qui, è una buona posizione».

Gli hanno dato del temerario, forse anche del pazzo, ma dopo le esperienze nelle officine meccaniche ha messo in piedi il suo laboratorio per la stampa in 3D, lavorando sia con la plastica biodegradabile (pla), sia con legno o ferro.

Cambiamenti. Marco è uno dei volti di un quartiere in cui in pochi metri convivono attività ormai chiuse da anni, come la Cidneo dove trionfa il degrado, e nuove imprese ora a caccia di clienti, tipo la sua. «Un quartiere dispersivo», lo definisce Claudio Bernardini, grossista di vestiti da circa vent’anni, che ha visto i giorni in cui il commercio ancora si espandeva,e conosce i tempi attuali, in cui gli affari non girano dalla parte giusta.

In via Lecco è affiancato da un paio di negozi cinesi dove i gestori si rinchiudono nel «no capisco» e restano zitti. Attorno ci sono anche piccoli laboratori, mentre spostandosi in via Viterbo c’è la spianata dei grossisti cinesi: Imperiale pronto moda, Stella, Mix Liu, Shan Hai, Speranza Moda, tra gli altri. Profumo di vestiti freschi, infilati a migliaia lungo gli appendiabiti, scaffali ricoperti di accessori. I titolari lavorano in zona da anni, hanno clienti italiani, ma il dialogo muore sul nascere. Per due chiacchiere meglio rivolgersi altrove.

Un quartiere dispersivo, dunque, che a volte si sente abbandonato, come se fosse tagliato fuori dal resto della città, e solcato da arterie trafficate, vedi via Orzinuovi e via Roma, in cui convivono zone commerciali figlie di un’urbanistica creativa, casermoni popolari, fabbriche che fanno ombra alle villette, tipo alla Noce, e le rassicuranti case di padre Marcolini. In una di queste vive Gianluigi Rivetti, che lungo via Palermo si gode la prima passeggiata da pensionato, con il cane.

Nuova vita. «Sono qui da quando ho tre anni, in queste case c’è un grande ricambio generazionale, con i nipoti che hanno preso il posto dei nonni - racconta -. Sono famiglie italiane, mentre gli immigrati vivono soprattutto nei palazzi dell’Aler. Vorrei che ci fossero più passaggi della Polizia Locale, qualche problema di sicurezza lo abbiamo anche noi». Il quartiere, comunque, non lo abbandonerebbe mai: «Mi dispiace però vedere che la sera non c’è in giro nessuno».

Poco distante c’è il grande parco della Resistenza, dove i cartelli gialli ricordano che il terreno è inquinato da pcb a «livello medio». Le bonifiche alla Deledda e alla Calvino sono state solo il primo passo verso un risanamento del quartiere. «Al pcb ci si pensa, ovvio, cerchiamo di evitare le parti vietate e di lavare bene le mani a mia figlia», dice Marina Scotti all’uscita di scuola. E nel frattempo c’è chi è diventato maggiorenne, a modo suo. Marina Herceg festeggia con un sorriso i diciott’anni del bar che gestisce in via Lecco.

Ci arriviamo per il caffè, dopo avere attraversato il quartiere frammentato ed esserci fermati per una pausa alla Casa del combattente, un’istituzione della zona. A pranzo c’era un grande dibattito politico: «Non credo che torneremo a votare adesso, per me Mattarella aspetta il 2019», diceva quello che la sa lunga. «Ma tanto alla fine fanno quello che hanno voglia loro», sentenziava, ed era già ora di tornare a lavorare.

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