Cesare Trebeschi, un «gigante» del bene comune

Un Teatro Sociale gremito per la serata ad oltre un anno dalla morte dell'ex sindaco
  • Le immagini della serata in memoria di Cesare Trebeschi
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Un amministratore lungimirante, che teneva il bene comune e della sua comunità come faro. Un professionista rigoroso e stimato, un uomo di fede, un cristiano autentico. Ma anche un papà e un nonno tenerissimo e pronto allo scherzo, che giocava a cicotti la domenica con i suoi figli e raccoglieva fiori per la sua amata Sofia. Non è facile inquadrare Cesare Trebeschi in definizioni sintetiche, che rischiano di essere riduttive.

Ci hanno provato ieri sera il sindaco Del Bono e poi l’attore Luciano Bertoli il quale, insieme al nipote che del nonno porta il nome, ha letto alcuni passi tratti da due libri scritti da Trebeschi, «Mattutino di un sindaco» e «Apologia del mugugno». Con loro anche la figlia Vica che, a nome della sua grande famiglia, ha voluto ringraziare chi ha chiesto del tempo per ricordarne la morte e al tempo stesso celebrarne la vita, «il suo capolavoro», come scrisse Tino Bino, nel corso della serata tenutasi in un teatro Sociale gremito come da mesi non si vedeva più.

Una volontà condivisa di rendere omaggio a un «gigante» (come ha detto Del Bono) attraverso i suoi pensieri, i suoi scritti ricchi di valori e profondità senza tempo che dovrebbero guidare i nostri passi anche oggi, le nostre scelte come cittadini, come politici, come persone che devono fare della solidarietà e dell’amore per il prossimo i propri lumi. Il racconto della vita di Cesare Trebeschi, a distanza di oltre un anno dalla morte, ha consentito a tanti bresciani, di riscoprirne la grandezza, l’esempio e anche di non dimenticare il bene che ha fatto e ha voluto alla nostra città, lui che aveva pensato e voluto l’università, il teleriscaldamento, che aveva affidato per primo il verde pubblico alle cooperative sociali per l’inclusione delle persone disagiate, che aveva tenuto unita la città dopo la strage di piazza della Loggia e che aveva invitato i bresciani non a portare un fiore sulle pietre bagnate di sangue, ma a prendersi le proprie responsabilità, rimanendo sempre fedeli alla verità.

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