Castelli: «Dopo 44 anni lascio la giustizia, spero che la politica faccia di più»

Il più longevo presidente della Corte d’appello di Brescia va in pensione
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CORTE D'APPELLO, CASTELLI SALUTA
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La pensione, per quanto anticipo abbia, per alcuni arriva troppo tardi. Per altri, per quanto ritardata, arriva comunque troppo in anticipo. Tra questi ultimi c’è senza dubbio Claudio Castelli il più longevo presidente della Corte d’appello di Brescia, con i suoi sette anni in cabina di regia al settimo piano del Palazzo di Giustizia di via Gambara. Castelli mercoledì ha compiuto 70 anni e proprio mercoledì ha onorato il suo ultimo giorno da magistrato in attività, dopo 44 anni di servizio. Oggi si fa davvero fatica ad immaginarlo nei panni di «Pensionato Stereotipo». Mancherà.

E adesso presidente cosa farà?

«Adesso torno a Milano dalla mia famiglia e continuerò le mie collaborazioni con le Università, fornendo consulenza dal punto di vista organizzativo, materia nella quale in questi anni mi sono specializzato».

Che anni sono stati per lei a Brescia?

«Molto positivi. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone per bene e preparate, in un distretto enorme quanto a popolazione che lo vive, ma piuttosto contenuto quanto a numero di Tribunali. La dimensione giusta per ottenere risultati importanti. Nonostante le risorse siano sempre state particolarmente sotto dimensionate e peraltro rischino di esserlo ancora di più in futuro».

Ancora più risicate pare difficile...

«Eppure sarà così. I bandi per il reclutamento di personale amministrativo vanno sempre più deserti: la verità è che gli stipendi sono troppo bassi e che il costo della vita, soprattutto al Nord, è davvero elevato. Non ci sono nuovi ingressi, ma i pensionamenti non si fermano».

Di quelli ottenuti, qual è il risultato che le permette di lasciare la sua scrivania in serenità?

«La Corte è enormemente migliorata in questi anni. Cito alcuni dati. Nel penale, nel 2011, erano più di 11mila i fascicoli pendenti, sono diventati 8.600 nel 2016 e sono poco più di 2mila oggi: siamo riusciti a smaltire il 54% delle pendenze dal 2019 a oggi. Per un processo penale d’appello ci vogliono 349 giorni. Il calo nel civile si è fermato al 38,6%, ma complessivamente i risultati ottenuti consentono a Brescia di piazzarsi ai vertici delle graduatorie degli uffici giudiziari italiani per miglioramento: è quarta per il penale, ottava per il civile».

Che altra ragione di orgoglio porta via con sé da Brescia?

«Quello di aver aperto il palazzo della Giustizia alla città. Era importante far sapere alle persone che c’è un giudice nella loro città, non solo a Berlino. Dovevamo ridurre la distanza tra la giustizia e la gente: personalmente in questi anni ho risposto a tutti quelli che mi hanno scritto e credo che l’obiettivo di una giustizia dal volto più umano sia stato raggiunto».

E qualche rammarico?

«Non essere riuscito nel Civile laddove siamo riusciti nel Penale. Era più difficile, lo so, ma mi dispiace andare via prima di questo traguardo».

Ce la farà la giustizia italiana a raggiungere la riduzioni dei tempi imposti dal Pnrr?

«Spero di sì. Certo è che sotto questo profilo il nuovo Governo non sta facendo nulla. Si discute di intercettazioni, quando si dovrebbe lavorare a soluzione per centrare gli obiettivi. Sotto questo profilo, purtroppo, mi sembra tutto fermo».

Per finire, cosa ha apprezzato di Brescia e dei bresciani?

«La città è a misura d’uomo e molto più bella di come si creda e di come riesce a vendersi. I bresciani hanno una franchezza ed un’etica del lavoro non comuni».

Vuole ringraziare qualcuno in particolare?

«La dottoressa Antonella Cioffi, una dirigente bravissima. Con lei è stata una collaborazione piacevole e fattiva». 

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