«Caro Zemmour, le difficoltà non si scelgono: noi ci conviviamo»
Ci sono tanti modi per rispondere alle offese, uno comune è ripagare il disprezzo con la rabbia. Con il rischio, però, di seppellire negli insulti anche le buone ragioni. Invece i ragazzi e le ragazze del Servizio formazione autonomia (Sfa) di Fobap hanno optato per parole piene, soppesate e nette: «Le difficoltà, sa, non si scelgono, noi non abbiamo scelto le nostre, ma abbiamo imparato a conviverci, ad affrontarle, e vorremmo dirle che la vita stupisce».
Il destinatario di questa lettera corale, condivisa con la nostra redazione, è Éric Zemmour, candidato di estrema destra alle elezioni presidenziali di aprile in Francia, noto per le sue parole violente contro migranti (settimana scorsa è stato condannato a pagare una multa di 10mila euro per incitamento all’odio razziale) e altre categorie. Tra queste anche le persone con disabilità: negli ultimi giorni c’è stato molto scalpore attorno alla sua proposta di togliere dalle classi di scuola i bambini con disabilità per metterli in strutture apposite, come avveniva anche in Italia fino al ’77.
Oltre ad accumulare critiche internazionali, l’idea di Zemmour non è piaciuta per niente ai diretti interessati, che a Brescia hanno deciso di prendere la parola per ribadire il dritto di tutti a vivere in una società capace di accogliere e valorizzare le diversità. Si presentano così: «Noi siamo quei ragazzi di cui lei parla nel suo discorso, siamo stati quei bambini che lei vorrebbe escludere e isolare». Loro sono i ventenni del gruppo dello Sfa di Fobap - un percorso formativo per giovani con disabilità intellettiva dai 16 ai 35 anni - impegnati tutti i giorni da protagonisti in un progetto che li renda cittadini attivi attraverso un processo educativo e culturale. E che quindi non sono disposti a sentir parlare di isolamento: «È sbagliato perché significa emarginare - commenta Andrea Cinelli, 27 anni, uno degli autori della lettera -, mentre ogni persona, straniera o con difficoltà, è un valore aggiunto per la società».La scelta della lettera nasce dalla consapevolezza, cui il gruppo è arrivato dopo vari confronti, che «tante persone non sono in grado di dire la loro opinione, ma noi sì - dice Andrea -. Abbiamo scritto per dare voce a chi non può e per sensibilizzare la cittadinanza sul fatto che ognuno ha il suo modo di fare le cose, ed è un arricchimento per tutti».
È un modo di intendere la disabilità, ribadito nella lettera, come «una difficoltà che una persona ha» e che «dipende dall’ambiente». «Con i ragazzi la consideriamo un diverso funzionamento, nella convinzione che siamo tutti cittadini alla pari» spiega Livia De Carli, responsabile dello Sfa, che ha proposto e coordinato la riflessione sulle dichiarazioni di Zemmour. Che il gruppo invita «ad accendere il cervello» per imparare a vedere che «le difficoltà nella vita prima o poi arrivano per tutti» e invece di escludere si può provare ad «aiutarsi a vicenda».
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