Cantamessa, i genitori e l'omicida in aula

In aula nell'ambito del processo i genitori e i fratello di Eleonora Cantamessa e il suo omicida, l'indiano Viky Viky
Ecco com'era mia figlia
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Il dolore in aula. Quella del Tribunale di Bergamo dove, nell’ambito del processo per l’omicidio di Eleonora Cantamessa - la ginecologa della Clinica Sant’Anna uccisa la sera dell’8 settembre 2013 a Chiuduno mentre soccorreva il fratello del suo investitore – sono stati ascoltati i genitori della dottoressa e il giovane indiano accusato di duplice omicidio. 
 
Una deposizione straziante quella della madre di Eleonora,  Mariella Armati, che ha anche rivelato come Viky Viky, l’uomo ora alla sbarra, le abbia inviato una lettera di scuse: lettera «che ho avvertita come un oltraggio» ha fatto sapere la donna, dal momento che a suo dire pareva più suggerita che sentita.
 
«In un istante è stata sbattuta in un angolo della strada la vita di Eleonora e tutta la mia vita. Una vita che ora non auguro a nessuno» ha dichiarato l’anziana donna ricostruendo anche gli istanti in cui apprese di cosa fosse accaduto a sua figlia. 
 
Quindi è stata la volta di Viky Viky il quale ha illustrato le tensioni che da due anni si verificavano tra la sua famiglia, a suo dire più volte minacciata, e l’opposta fazione dei Ram. Gli stessi che quella maledetta sera, nella ricostruzione dell’uomo, misero in atto l’agguato. Dal quale Viky Viky riuscì a sottrarsi al volante della sua Golf dopo che questa era stata oggetto di colpi di mazza. Poi, ha spiegato in aula, tornò per salvare il fratello, rimasto in balia degli aggressori.
 
«Ho visto due fari bianchi puntati verso di me. Ho chiuso gli occhi e ho perso il controllo della Golf, ma sono certo di aver schiacciato anche il freno. Non so esattamente come sia andata. Sono sceso dall’auto e non capivo più niente. Ho saputo soltanto alle 8 di due giorni dopo - Viky Viky a questo punto del racconto ha singhiozzato - che avevo ucciso mio fratello, che volevo invece salvare, e la dottoressa».
 
 
 

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