Calenda: «Azione riparte da Brescia per la campagna verso le Europee»

Il politico nella nostra città per presenziare alla scuola di politica frequentata da 250 giovani da tutta Italia
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LA SCUOLA DI FORMAZIONE DI AZIONE A BRESCIA
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Sono passati solo dieci giorni dall’operazione chirurgica e, con 130 punti in pancia, il leader di Azione Carlo Calenda è abbastanza affaticato, ma non è voluto mancare alla tre giorni di formazione politica per gli under 30 in programma a Brescia, non prima di essere passato nella nostra redazione. «I nostri under 30, non sono semplicemente ragazzi o volontari, per noi sono quadri. Sono arrivati a questo appuntamento dopo un anno di formazione online. La nostra idea è che poi tornino sul territorio attrezzati e pronti per la sfida elettorale delle Europee, perché noi non abbiamo un’associazione giovanile, i nostri under 30 sono negli organi del partito. Ma per le elezioni immaginiamo una grande mobilitazione come è avvenuto in Francia».

Perché la scelta è ricaduta su Brescia?

«È un territorio dove elettoralmente abbiamo ottenuto ottimi risultati. Alle Politiche, ma anche alle Comunali. Era giusto chiudere la scuola politica qui, è un riconoscimento a Brescia, al nostro elettorato e alla classe politica presente sul territorio».

E per le Europee voi sarete con Renew, come +Europa e Italia Viva?

«Renew è composto da due realtà europee: dall’Alde, i liberaldemocratici europei, di cui fanno parte Azione e +Europa, e dai Democratici europei dove c’è Italia Viva».

Non è preoccupato per la soglia al 4%?

«Guardi le racconto una storia: prima delle elezioni a Roma eravamo dati all’8%, abbiamo preso il 20%; prima delle Politiche io ho rotto con Letta perché aveva fatto le alleanze con Di Maio e compagni e io e Renzi eravamo al 4%, abbiamo preso l’8. Il punto è che i nostri elettori non rispondono ai sondaggi: professionisti, imprenditori, gente che manco ha il telefono fisso. Quindi non mi preoccupa lo sbarramento, ma che dobbiamo avere un’affermazione pari a quella del Terzo polo alle Politiche. Se +Europa vuole lavorare con noi benissimo, altrimenti andiamo dritti. Perché non c’è in politica possibilità, come in ogni cosa della vita, di non rischiare per fare delle cose grandi. E noi stiamo provando a spezzare il bipolarismo della Seconda Repubblica».

Lei pensa di candidarsi?

«Non vorrei ed è l’ultima cosa a cui penso perché vengo dal Parlamento europeo. Francamente non ci posso tornare e sarebbe solo una candidatura di bandiera. Bisogna vedere cosa fanno gli altri leader. Mi sa che si candidano tutti. Resto scettico perché c’è il mio nome nel simbolo».

Facciamo un passo indietro e torniamo al progetto del Terzo polo con Renzi.

«Questo è stato l’anno più faticoso della mia carriera politica e deriva da un errore che ho commesso, ovvero ritenere che si potesse aspettare da Italia viva un comportamento lineare rispetto alla promessa fatta agli elettori. Si è trattato di un investimento di fiducia che non è stato ripagato. Abbiamo preso atto che Renzi aveva altri progetti legittimi che includono la costruzione di una cosa che si chiama "Centro", insieme a Mastella e Cuffaro, che non è precisamente un polo riformista. Io sono convinto che vi sia l’esigenza di un grande partito riformista che metta insieme liberali e popolari. Non si può andare avanti scegliendo tra populismo di destra e populismo di sinistra».

Cosa intende?

«Il Paese non si salva col populismo di destra che non sta riuscendo a fare assolutamente nulla a partire dal Pnrr. Ma nemmeno con la sinistra che risponde tra Landini, Schlein e Conte con tre proposte alternative di manovra che porterebbero il Paese al fallimento istantaneamente e che prevedono rispettivamente un deficit di 27, 24 e 37 miliardi».

Quindi non è possibile un campo largo?

«Di fronte a questo modo di fare politica è preclusa ogni tipo di alleanza perché questo campo largo porta alla morte del Paese. E lo dico da Brescia dove abbiamo fatto un’alleanza vincente alle Comunali come faremo in altre realtà ma perché si parte di esperienze riformiste».

Scusi ma il capo della sinistra è Landini o Schlein?

«Penso che sia una coabitazione felice perché sono tutti populismi che hanno la stessa consistenza. Adesso che Schlein vedrete che cambierà anche la posizione sull’Ucraina e sul Medio Oriente e convergere su quella di Conte e Landini. A questo aggiungo che il Pd oggi ha una proposta indistinguibile dal M5s. E Landini è il più populista di tutti: propone più pensioni, più stipendi pubblici, più bonus, più tutto».

E Giorgia Meloni?

«Deve decidere se vuole diventare una conservatrice moderna, europeista o rimanere a Colle Oppio con il manganello, governando contro metà del Paese. Ed in Europa deve scegliere dopo le prossime europee se appoggiare una coalizione larga che comprenda socialisti, popolari e liberali o restare con Orban, Vox e i polacchi di Pis. Se non incomincia a ragionare come una donna di Stato e non come un politico di parte l’Italia va a schiantarsi. Questo significa che deve cambiare anche questa squadra di governo che è composta da incapaci, forse la peggiore degli ultimi 30 anni. Non sono riusciti a mettere in campo un’azione di qualunque genere in un qualunque settore».

E Azione?

«Partiamo da territori come Brescia, Bergamo e Milano dove abbiamo preso voti perché ci sono cittadini che si sono stancati della politica come rumore, gente concreta. E dobbiamo convincere quella parte di elettorato che è imprigionata tra centrosinistra e centrodestra e non riesce ad uscire da questa logica e convincersi che vi sia un’alternativa».

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