Botte e insulti razzisti al maggiore dei Jadid

Un banale litigio «stradale» si trasforma in zuffa. Colpita anche la moglie, alla quale hanno strappato il velo.
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Ferragosto da dimenticare in fretta per Rachid Jadid, la giovane moglie e i due figli, di otto e un anno e mezzo. Il fratello di Abderrazzak, ex trequartista del Brescia Calcio, all'ora di cena di mercoledì è stato vittima, insieme ai famigliari, di un'aggressione violenta a Lonato, sulla via del ritorno a casa dopo una giornata passata tra le spiagge e i centri commerciali del lago di Garda.

Ad originare la zuffa, scandita da insulti a sfondo razzista, una banalissima, ma sempre più da evitare, discussione «stradale». Ad «innescarla» è lo stesso Jadid. Il 34enne (noto al calcio provinciale per aver vestito diverse maglia) percorre la strada del Cavallino. Quando arriva all'altezza di via Cerutti suona il clacson per chiedere strada a dei pedoni che la ingombrano. La risposta non tarda a venire. Ed è la più scontata. Davanti al «maruchì de m...», che gli piove addosso, Jadid ferma l'auto. E scende. Va a chiedere ragione dell'insulto gratuito, i toni si accendono e nel giro di pochi minuti a far male non sono più le parole, ma mani e piedi.

Contro il 34enne e sua moglie, e davanti agli occhi dalla loro primogenita, si avventano più persone giunte sul posto a dar man forte ai pedoni. Volano pugni e calci. Nella zuffa qualcuno strappa il velo dal viso della donna, che porta a casa anche contusioni ai piedi. Jadid con un occhio nero e il volto gonfio di botte riesce a tornare in auto e a mettere al sicuro i suoi. Riparte e arriva a casa.

Ieri è stata una giornata lunga in casa Jadid, tra denunce e visite al pronto soccorso. Il 34enne si è presentato ai carabinieri per raccontare l'accaduto e denunciare i protagonisti. Persone sconosciute, di età compresa tra i 25 e i 35 anni. «Sono sbucati da più parti - ci racconta Rachid Jadid, al telefono -: saranno stati una quindicina. Insulti e botte. E nessuno faceva niente, tutti a guardare senza intervenire e tanto meno difenderci».

Il 34enne non conosce i suoi aggressori. Ma ha una speranza. «So che in quella zona ci sono delle telecamere a circuito chiuso del Comune - dice - spero che abbiano filmato gli autori di tutto ciò. A far male non sono solo le botte, ma anche le parole. Sono marocchino di origine, ma mi sento italiano. Di sicuro più italiano di chi si comporta così».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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