Bonus 110% non accessibile, A2A: «Norma da cambiare»

Rigoni: «Teleriscaldamento efficiente, ma per il Superbonus va "sganciato" dall’Ape». Lunedì vertice con Ance
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A2A IN CAMPO PER IL SUPERBONUS
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La vicenda ha qualcosa di kafkiano. Brescia ha una rete di teleriscaldamento così efficiente e «green» che gli enti certificatori hanno ridotto al minimo il «fattore di energia primaria». Questo fattore, che misura quanta energia non rinnovabile viene utilizzata per scaldare le case dei bresciani, è uno dei fattori che determina la classe energetica degli edifici (Ape). Così si è generato il paradosso che immobili colabrodo dal punto di vista energetico risultino in classe A3 o A4, precludendo o complicando la possibilità di accedere al Superbonus.

«Una stortura» per Luca Rigoni, presidente di A2A Calore e Servizi, «colpa» di una norma da correggere e non certo di un servizio come il teleriscaldamento. «Una stortura che A2A sta subendo». Il sistema per riscaldare e portare acqua calda a 130mila bresciani (21mila gli edifici allacciati) il prossimo anno compirà 50 anni. Ma quello di oggi è un teleriscaldamento di quarta generazione che punta sul riutilizzo del calore e su smart grid termiche a basse temperature. Un sistema che genera solo lo 0,2% delle pm10 cittadine (a fronte del 23% delle caldaie private) e sul quale in questi anni sono stati fatti corposi investimenti per dire addio al carbone: nel 2016 l’allaccio alla rete dell’Alfa Acciai, poi gli accumuli termici alla centrale di Lamarmora e alla centrale nord, il recupero del calore dell’Alfa Acciai, il riuso dei fumi del termoutilizzatore, dove sono in corso lavori per oltre 100milioni (ieri, accompagnato dal presidente Marco Patuano e dal vice Giovanni Comboni, anche l’ambasciatore di Svezia Jan Björklund ha visitato l’impianto esprimendo «forte apprezzamento»).

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Il risultato è una rete alimentata per il 67% da rifiuti e recupero di energia (fonti rinnovabili), per il 27% dalla cogenerazione (alta efficienza) e solo per il 6% dalle caldaie a gas (fonti fossili). Tutte queste mosse «virtuose» si sono riflesse sul fattore di energia primaria. «Fattore che non decidiamo noi ma che viene calcolato da un ente terzo - spiega Rigoni -. Ci siamo affidati a uno dei migliori, Rina». Sono dunque «inaccettabili i dubbi sulla nostra certificazione». Il certificato vale due anni. Il 30 giugno scorso è stato pubblicato l’ultimo, basato sui dati del 2020: «a riprova degli sforzi fatti in questi anni il fattore di energia primaria non rinnovabile è stato ridotto da 0,24 a 0,12». Il più basso d’Italia, a fronte di un valore nazionale di 1,5.

Questo però, come detto, si è trasformato in una beffa per molti proprietari di immobili. «Ma - insiste Rigoni - la colpa non è del teleriscaldamento e degli sforzi fatti per renderlo sempre più efficente». Vanno corrette le «storture» del calcolo dell’Ape, che oggi tiene conto dei consumi degli immobili e delle fonti energetiche. La modifica complessiva è una strada lunga. La strada più breve è quella di sganciare i coefficienti del teleriscaldamento dagli investimenti sugli edifici (dagli infissi al cappotto), rendendoli «indipendenti» o «ininfluenti». Oggi infatti si rischia di penalizzare gli investimenti sugli edifici che però sono proprio quelli che garantiscono il miglioramemto dell’efficienza energetica.

«Stiamo già affrontando il tema con le associazioni di categoria e gli enti decisori» spiega Rigoni. Lunedì si terrà un incontro con Ance Brescia e l’Ordine degli ingegneri. L’obiettivo è mettere in campo una proposta seria e concreta che risolva la faccenda. L’idea è calcolare un fattore di energia primaria a livello regionale, una media lombarda (che potrebbe aggirarsi attorno a 0,8) per l’applicazione del Superbonus. Un coefficiente che andrebbe mantenuto tale dall’inizio alla fine dei lavori di efficientamento, per evitare sorprese in corso d’opera. La questione sarà posta all’Enea, l’ente a cui spetta la decisione. Basterebbe una semplice risposta a una Faq (le domande frequenti poste da operatori e addetti ai lavori) nella quale l’Agenzia nazionale per l’energia precisi che - per il solo 110% - il fattore di energia primaria da utilizzare è la media regionale. Un «correttivo» che varrebbe per tutta Italia. Ma che consentirebbe a Brescia di uscire dall’impasse.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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