Bomba alla Polgai, resta in silenzio l’anarchico catalano

Nell’interrogatorio di garanzia Juan Antonio Sorroche si è avvalso della facoltà di non rispondere
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Non ha mai parlato davanti alle accuse che gli hanno mosso tra Trento e Treviso. Ed è rimasto fedele alla linea del silenzio anche questa volta. Nell’interrogatorio di garanzia si è infatti avvalso della facoltà di non rispondere Juan Antonio Sorroche, l’anarchico catalano ritenuto il responsabile dell’attentato alla sede della Polgai di Brescia del 18 dicembre 2015.

Nel carcere di Terni, dove è rinchiuso per altre due condanne incassate e in attesa della Cassazione, Sorroche non ha risposto alle domande del gip che lo ha sentito su delega del collega bresciano.

La svolta nelle indagini - dopo che l’inchiesta una prima volta era stata archiviata per mancanza di prove - è arrivata attraverso il Dna, isolato su un lembo di tessuto e riconducibile all’anarchico catalano. La traccia era un profilo misto ricavato dai resti del borsone in cui venne trasportato l’ordigno. Oltre alla prova di laboratorio Juan Antonio Sorroche è stato incastrato anche dalla grammatica. Nella rivendicazione pubblicata in rete erano infatti presenti anche alcuni errori («piacie» al posto di piace, «attacato» al posto di attaccato) che spinsero gli inquirenti a seguire la strada che portava al catalano.

Sorroche è già stato condannato in primo e secondo grado per l’attentato alla sede della Lega di Treviso e in primo grado per la bomba messa davanti agli uffici del tribunale di Sorveglianza di Trento. Il totale supera i 18 anni. Nel dettaglio: 14 anni per la bomba fuori dalla sede veneta del Carroccio dopo che in primo grado la pena era stata di 28 anni e 3 anni, 6 mesi e 20 giorni oltre al pagamento di una multa per l’agguato a Trento. 

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