Bisogna assomigliare alle parole che si dicono

Le frasi che pronunciamo sono causa ed effetto delle nostre relazioni, su di esse poggiano i cardini della porta sul mondo
Una rilettura del David di Michelangelo - © www.giornaledibrescia.it
Una rilettura del David di Michelangelo - © www.giornaledibrescia.it
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Quando da bambina andavo in colonia a Miramare giocavamo a forbici, carta e sasso. Era una sorta di morra in cui vinceva quello che apriva o chiudeva le dita in modo da risultare dominante. Le forbici vincevano sulla carta, perdevano contro il sasso e così via discorrendo. Un gioco che potrebbe essere la metafora di quanto è accaduto in questi giorni. Mi riferisco ai testi sessisti e violenti di alcune canzoni che hanno indignato molte donne e innescato un mail-bombing, l’invio di un quantitativo enorme di email di protesta. Ci sono parole taglienti come forbici, altre che coprono come la carta, tutte indistintamente come i sassi hanno un peso.

Ho riflettuto sulla loro importanza guardando il muro della nuova redazione del Giornale di Brescia. Fra gli oggetti che simbolicamente raccontano il percorso tecnologico compiuto dal 1945 c’è una bilancia pesapersone. Un oggetto intruso, voluto dal Direttore Nunzia Vallini come monito, in un luogo deputato alla fucina delle parole per significare che esse hanno un peso specifico di responsabilità dalla quale non ci si può sottrarre.

Le parole abitano ovunque c’è comunità, dentro case di vetro adibite all’associazione umana. Il loro effetto traspare e a volte da collante le trasforma in diluente. Per questo bisogna fare una cernita accurata degli aggettivi, scegliendoli con cura perché hanno il guscio sottile come le uova e «una volta rotte sono cose impossibili da riaggiustare». Un tempo bastava una stretta di mano per riconoscere il valore della parola data, oggi come allora, la fiducia nasce e cresce solo se impiantata nel rispetto della verità. Nel vivere quotidiano non ci sono regole come per il Feng shuy per armonizzare gli spazi abitativi.

Le frasi che pronunciamo sono causa ed effetto delle nostre relazioni, su di esse poggiano i cardini della porta sul mondo dove vengono misurati i nostri confini. Tutte le parole hanno una direzione di andata e ritorno, come le mani opposte che si toccano. Possiamo scegliere di essere accoglienti o pungere come i ricci, guardare diretti negli occhi o muoverci sgusciando come bisce. Ognuno segua il proprio libero arbitrio, avendo l’accortezza di usare una signorile coerenza, come scrive sarcasticamente Stefano Benni: «Bisogna assomigliare alle parole che si dicono. Forse non parola per parola. Insomma ci siamo capiti» .

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