Berlusconi, i processi non arriveranno a Brescia

La Cassazione ha negato il trasferimento dei processi Mediaset e Ruby da Milano a Brescia.
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La Sesta sezione Penale della Cassazione, decidendo sull’istanza di rimessione per legittimo sospetto, avanzata dai legali di Silvio Berlusconi, ha stabilito che i processi Mediaset e Ruby restino a Milano. La decisione è stata presa al termine della Camera di Consiglio.

«Rigetta la richiesta di rimessione e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali».
È stringato il dispositivo di sentenza riferito ai due procedimenti Mediaset e Ruby che portano la firma del presidente della sesta sezione penale della Suprema corte Giovanni De Roberto, in base al quale il collegio ha deciso per il no al trasferimento dei processi di Silvio Berlusconi da Milano a Brescia.

Continueranno, dunque, ad essere celebrati a Milano i processi Ruby e Mediaset, che vedono imputato il leader del Pdl, Silvio Berlusconi. Ai giudici della sesta sezione penale della Corte di Cassazione sono bastati un’ora e mezzo di udienza e una camera di consiglio abbastanza breve per respingere l’istanza presentata dai legali del Cavaliere che chiedevano il trasferimento a Brescia, per «legittimo sospetto», dei due procedimenti, sul presupposto che i giudici milanesi non sarebbero stati sereni nella loro decisione.  


Gli avvocati Niccolò Ghedini e Pietro Longo, difensori del leader del Pdl, avevano anche sollecitato l’invio degli atti alle sezioni unite della Suprema Corte o alla Corte Costituzionale affinchè venisse chiarita, nei casi di ’legittima suspicionè in Cassazione, la possibilità di un imputato a partecipare ed essere sentito nel corso dell’udienza. Berlusconi, infatti, aveva chiesto di essere sentito ma il 18 aprile scorso i giudici della Suprema Corte hanno sottolineato che l’audizione di un imputato è possibile solamente nei processi in materia di estradizione.


Il processo Ruby, che vede Berlusconi accusato di concussione e prostituzione minorile e che proseguirà in aula il prossimo 13 maggio, è ancora fermo al primo grado. Quello Mediaset, per il quale l’ex premier è stato condannato a quattro anni, con l’interdizione dai pubblici uffici per cinque anni, è attualmente in fase di appello: il reato contestato è quello di frode fiscale per presunte irregolarità nell’acquisizione dei diritti Tv. Dovrebbe riprendere l’8 maggio anche se la difesa ha già annunciato che ne chiederà la sospensione in attesa della decisione della Consulta sul conflitto legato al legittimo impedimento dell’ex premier.

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