Balotta: «I nostri no sono lungimiranti La tutela dell’ambiente è equità sociale»

Il capolista al Senato per Si-Verdi: «L’aeroporto di Montichiari è un flop, ha solo risucchiato fondi»
Dario Balotta è candidato al Senato per Si-Verdi - © www.giornaledibrescia.it
Dario Balotta è candidato al Senato per Si-Verdi - © www.giornaledibrescia.it
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Oggi è presidente dell’Osservatorio nazionale sui trasporti e le infrastrutture, ma Dario Balotta ha alle spalle un lungo cursus honorum sia come attivista, sia come parte attiva nell’associazionismo: è stato segretario della Cisl trasporti della Lombardia e responsabile regionale della mobilità per Legambiente e ha fatto il giro del mondo in treno, da pendolare.

In queste elezioni Politiche è candidato come capolista al Senato nella lista Si-Verdi.

L’ambiente è centrale nel vostro programma. Che riscontri avete?

C’è una bella reazione della cittadinanza e finalmente si intravede una consapevolezza dell’emergenza ambientale e dell’esigenza di coniugarla alle tematiche della giustizia sociale. Sul territorio, in particolare, abbiamo un vantaggio: abbiamo sempre dialogato e ascoltato i comitati e supportato spesso le loro battaglie, a differenza dei partiti tradizionali che spesso negano l’ascolto e schivano queste realtà e i problemi che denunciano.

Quali le priorità per Brescia?

Serve una svolta definitiva sulla bonifica della Caffaro. E poi serve raddoppiare la quota del trasporto pubblico a Brescia. Mi spiego: le risorse vanno spese anche per ottenere risultati e, qui, scarseggiano. C’è tanta spesa e poca efficacia.

Come si risolve il problema?

La ricetta in tutta Europa è quella di mettere a gara i servizi: in questo modo si è trasformato il trasporto pubblico. Serve la rottura del monopolio, il Comune deve diventare solo un erogatore del servizio. Basta con il meccanismo dell’affidamento di opere in house, senza gare d’appalto: deve vincere il migliore e non il mio o il suo amico, vale per tutti i settori. È anche così che si combattono le infiltrazioni mafiose.

Come mai in Italia il peso dei Verdi in Italia è così debole rispetto al livello europeo?

C’è un’anomalia italiana dal punto di vista politico. Penso che molto dipenda anche dagli errori compiuti in passato: qui si è troppo politicizzati. I nostri valori e i nostri progetti possono essere credibili sia per chi ha sensibilità vicine al centrodestra sia per chi si riconosce nel centrosinistra, perché l’ambiente dev’essere super partes. Questo in Europa lo hanno capito, in Italia ancora no.

Come mai l’Agenda climatica firmata dai Fridays For Future non è trasposta nel vostro programma: non si è creata una rete?

Come tutti i movimenti i Fridays hanno una forte passione che non è organizzata a livello politico. Credo che non dobbiamo essere noi a fare la lezione ai giovani: noi spieghiamo i nostri programmi, ci siamo sui temi, ci siamo sul territorio. Se si riconoscono nell’agenda e nei valori portati avanti in questi anni la porta è sempre spalancata.

Alleanze: perché con Sinistra italiana e Pd sì e con Unione popolare no?

È vero, con Up ci sono molte affinità. Eravamo tutti impreparati alla crisi politica e alla caduta del governo: da un lato non c’era molto tempo per il dibattito interno, dall’altro Up ha tirato dritto e non ha cercato molto il confronto. Con Sinistra italiana è stato un accordo alla pari e di fronte alla minaccia politica di un centrodestra al governo abbiamo scelto di dare il nostro contributo alla coalizione.

Quando parla di «minaccia del centrodestra» pensa a una democrazia in pericolo?

No, ma al pericolo di una crisi sociale ed economica sì. Il centrodestra ha un’idea di Stato basata sulle corporazioni, l’equità sociale non sa cosa sia: per questo rappresenta un pericolo. Se andrà al governo farà un enorme debito e quelle somme saranno mal distribuite, perché andranno a pochi e non a tutti.

Ma una coalizione con il Pd, quale agibilità politica ha alla prova di governo?

Su molti temi c’è congruenza, si partirà da quelli: penso a rinnovabili, questione femminile, lotta alle mafie e all’illegalità, a una sanità che deve essere prevalentemente pubblica e che non deve essere svantaggiata da quella privata, ma anche il no allo sfruttamento e all’eccessivo precariato.

E quando ci sarà da votare sulle armi all’Ucraina?

L’obiettivo è quello della pace. Il nostro contributo sarà quello di prendere decisioni che siano condizionate il meno possibile dall’America. La scelta deve quanto meno maturare nell’ambito dell’autonomia europea.

C’è chi, come Azione-Iv, vi accusa di essere quelli del «no» a tutto. Come risponde?

Con un esempio concreto. Nel 1999 è nato l’aeroporto di Montichiari, un mese prima era stato aperto Malpensa, il più grande investimento aeronautico del ’900. Noi eravamo contrari a Montichiari: come è andata? È un flop. Per anni ha risucchiato fondi che sono stati tolti a scuole, strade, famiglie, ambiente. Avevamo proposto di indire una gara, così da affidare tutto a un gestore. Non ci hanno ascoltato e oggi chiedo a loro: quel «no» era lungimirante o sbagliato? Gli effetti di questi progetti si pagano negli anni successivi: il vero dramma è non accorgersi degli errori fatti. La priorità del Paese non dev’essere a tutti i costi realizzare nuove opere, ma in primis far funzionare quelle che abbiamo.

Come si affronta il caro bollette?

Che ci siano extra-profitti non è una novità, ma ora diventano intollerabili. Serve un’azione dell’Italia in Europa subito per stabilire un tetto al prezzo del gas, ma anche costruire una politica energetica nazionale con un piano serio che oggi in parte si deve per forza reggere ancora sulle fonti fossili, ma che in tempi serrati si sostituiscano con le rinnovabili.

All’orizzonte ci sono Regionali e Comunali: questa è una coalizione blindata o dal 26 settembre si ridiscute tutto?

No, non è blindata affatto. Ci sarà una discussione e peserà anche il risultato di queste Politiche. Noi siamo molto critici sull’azione della Loggia perché è stata troppo autoreferenziale e poteva fare molto di più. E questo conta.

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