Baby gang: ragazzi «già adulti» anche in sofferenza e violenza

La psichiatra Romana Caruso su Teletutto: «Bene sanzionare, se serve a fermare e far riflettere»
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BABY GANG: PARLA L'ESPERTA
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Ragazzi «adultizzati» che nel bene e nel male imitano il comportamento delle persone più grandi, figli di una «società dell’istante» che non ha più la pazienza di coltivare i valori, succubi dei social che moltiplicano il palcoscenico su cui apparire per quel che si ha, non per quel che si è.

I protagonisti delle gesta delle baby gang sono «nostri ragazzi», comunque, prodotto della nostra azione di educatori, insegnanti, genitori. Ad approfondire il tema della violenza giovanile, ieri sera su Teletutto nella trasmissione «Messi a fuoco», è intervenuta la psichiatra e psicoterapeuta Romana Caruso, in dialogo con il conduttore Andrea Cittadini e con il giornalista Paolo Bertoli.

Se sotto il profilo giudiziario il fenomeno esplode ora, «questo declino è segnalato da anni da esperti ed educatori - ha sottolineato la specialista -. Il lockdown ha velocizzato processi già malati. Quelle famiglie che hanno approfittato della chiusura per rivalutare una intimità sana hanno avuto meno ripercussioni, chi già era in condizioni disagiate, aveva una qualità di vita povera, ha avuto un contraccolpo maggiore».

Famiglie che nella narrazione anche giornalistica e nei commenti spesso finiscono sotto accusa. «Il punto centrale in queste vicende di violenza è la mancanza del senso del limite - aggiunge la professionista - che dovrebbe essere posto da chi educa e fa crescere questi ragazzi. Spesso i genitori giustificano, corrono in aiuto dei figli, pensano di difenderli e di fare in questo modo il loro bene, ma involontariamente li aizzano ad andare avanti.

E sia chiaro - sottolinea Caruso - che non significa che dietro ad un ragazzo violento c’è una famiglia inadeguata. Anche l’emotività adulta vive difficoltà, smagliature, il discorso è più complesso. Ma se la famiglia non è in grado di cogliere segnali d’allarme, manca anche attorno una realtà fatta di scuola, educatori, amici, che non sono più in grado di segnalare elementi di preoccupazione».

Una società che però «adultizza» anche i bambini, che si trovano a vivere esperienze ed anche sofferenze psicologiche tipiche dell’età più adulta. «Disturbi alimentari, attacchi di panico, forme depressive e purtroppo anche suicidi toccano anche i più piccoli - aggiunge Caruso - spinti da noi adulti a emulare quello che facciamo. Compresa la delinquenza». Un fenomeno che non ha più genere. «La violenza tra le ragazze ha avuto un’escalation - spiega la psichiatra - e nelle chat che mi capita di analizzare l’aggressività peggiore è quella femminile».

Cosa fare? «Fermare e sanzionare può essere utile, a patto che serva a sancire la gravità degli atti, a dare uno spazio di pensiero, a produrre idee per cambiare. Le sanzioni, insomma, devono essere una "medicina". Per i ragazzi e per le loro famiglie».

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