Autonomia, a Brescia è lite Lega-Gelmini

L’affondo: «Da Gelmini un meschino sabotaggio, non ha concluso nulla». Il ministro: «Coda di paglia»
Mariastella Gelmini - © www.giornaledibrescia.it
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Sono riusciti a mantenere l’aplomb istituzionale fino a ieri, schivando il volo degli stracci, una tensione latente su cui entrambe le parti - il centrodestra da un lato e il ministro passato da Forza Italia ad Azione dall’altro - erano concentratissime a non perdere di vista l’obiettivo self control. E alla fine, a fare saltare un equilibrio già precario è stato un grande classico degli ultimi anni: l’Autonomia differenziata.

Simona Bordonali - © www.giornaledibrescia.it
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Che ha avviato un match di ping pong di frecciate tutte in salsa bresciana, tra i candidati della Lega e Mariastella Gelmini, alla regia proprio della delega alle Autonomie. A ottobre 2017 , all’indomani del referendum di Lombardia e Veneto, sembrava che fosse la priorità del Paese: non c’era Regione che non volesse discutere le competenze attribuite dalla Costituzione.

Non a caso, poco dopo la chiusura delle urne, Roberto Maroni aveva annunciato «l’inizio di una nuova stagione del neoregionalismo». Non aveva sbagliato: ad eccezione di Abruzzo e Molise, tutte le regioni hanno intrapreso iniziative formali per l’avvio. Fino alla pandemia, che ha incastrato il procedimento in uno stallo. Ora, però, le riforme tornano al centro di un dibattito destinato a non esaurirsi con il voto.

Ai ferri corti

La bandiera che sventola sul tema è quella leghista. Per questo il partito di Matteo Salvini non ha apprezzato le esternazioni degli esponenti di Azione («il progetto era pronto, Salvini ha fatto cadere il governo. Quindi, possiamo dire, semplificando, che Salvini ha fatto cadere l’Autonomia»). Frasi, queste, che hanno mandato su tutte le furie Simona Bordonali, Stefano Borghesi, Paolo Formentini, Eva Lorenzoni e Matteo Micheli. Che accusano: «Le dichiarazioni rilasciate da Gelmini in tema di Autonomia sono surreali. Era o non era lei il ministro? È ormai palese il meschino intento sabotatore di chi restava all’interno del centrodestra solo per interesse di poltrona senza concludere nulla e dimenticando gli interessi delle comunità.

Fa quasi tenerezza leggere Gelmini che cerca di scaricare le proprie colpe tirando in ballo la caduta prematura del Governo. In 18 mesi di durata in carica il suo non-memorabile impegno in tema Autonomia è stato evidente. Probabilmente non voleva farlo. Una mancanza di rispetto vergognosa non solo per le istituzioni che era tenuta a rappresentare ma anche per quei milioni di bresciani e lombardi che cinque anni fa hanno chiesto a gran voce l’autonomia differenziata.

Ora le chiacchiere stanno a zero: mentre Gelmini ha preferito tradire ideali ed elettori del centrodestra per passare al centrosinistra con Calenda e Renzi, la Lega non dimentica la propria identità storica e l’orgoglio delle proprie battaglie. L’Autonomia è una priorità del programma del centrodestra per determinate volontà della Lega, che conta di realizzarla con buona pace di chi ha preferito sabotarla sputando in faccia al referendum del 2017».

Non si fa attendere la replica del ministro Gelmini, che ribatte: «I leghisti bresciani hanno la coda di paglia. Salvini ha mandato a casa il governo Draghi proprio quando stavamo per approvare l’Autonomia in Consiglio dei ministri, gettando il Paese nell’instabilità. Ognuno ha le sue priorità: chi la campagna elettorale, chi gli interessi del Paese. La legge quadro è pronta e il lavoro svolto in questi mesi con i governatori, a partire dai leghisti, è un fatto. Questi attacchi da campagna elettorale sono parole al vento».

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