Assunzioni false per permessi veri: chi sono gli arrestati

Gli stranieri ottenevano contributi pubblici grazie a finte regolarizzazioni: primo interrogatorio in carcere
L'operazione è stata messa a punto dalla Guardia di Finanza - © www.giornaledibrescia.it
L'operazione è stata messa a punto dalla Guardia di Finanza - © www.giornaledibrescia.it
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Il tariffario non prevedeva sconti: servivano 350 euro per avere un contratto part-time di quattro ore, mentre per una busta paga compresa di contributi erogata al dieci del mese successivo ne bastavano 150.

Documenti falsi per ottenere contributi veri, come Naspi per la disoccupazione e Fis per la Cassa integrazione, ma anche permessi di soggiorno e misure alternative al carcere. Un giro di denaro che ha generato una truffa allo Stato di 240mila euro, tanto quanto 93 stranieri hanno indebitamente percepito. Il tariffario gli inquirenti lo hanno trovato nel computer di uno degli undici arrestati dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un inchiesta in cui sono indagate complessivamente 113 persone, la stragrande maggioranza nata all’estero, soprattutto Pakistan, e residenti nel Bresciano tra città e provincia.

La pm Erica Battaglia aveva chiesto una quarantina di misure cautelari. Il gip ne ha disposte undici, contestando a vario titolo l’associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, permanenza illecita di cittadini stranieri nel territorio nazionale e all’indebita percezione di prestazioni erogate da Enti previdenziali e assistenziali.

«Il gruppo aveva acquisito una vera e propria posizione dominante nel mercato illecito, rappresentando un punto di riferimento per gli stranieri interessanti a permanere illegalmente sul territorio nazionale mediante false assunzioni» scrive il gip nelle 148 pagine di ordinanza di custodia cautelare. Tutti i principali indagati - prosegue il giudice - hanno dimostrato di vivere nell’illegalità, quale spazio parallelo nel quale muoversi ordinariamente, tanto da considerare l’attività criminosa svolta alla stregua di un vero e proprio lavoro»

Gli arrestati

Le redini del gruppo erano nelle mani del bresciano della città Alberto Bonaglia, 51 anni da compiere tra un mese, arrestato e in carcere con la convivente thailandese Somsri Khansai, con Bilal Ahmad, pakistano 30enne, e con Somporn Phetnok, anche lei thailandese e compagna di un altro coinvolto Riccardo Giangrasso, finito invece ai domiciliari. Arresti a casa anche per Nasir Ahmed, nato in Pakistan e residente in città, Ylli Bejta, di origini albanesi, il senegalese di Bagnolo Mella Samba Diouf e i bresciani Giacomo Vezzoli, 64enne di Capriolo e Domenico Oliva, ritenuto «il commercialista» del gruppo, 71enne di Brandico, che - scrive il gip - «risulta meritevole dell’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere - ma essendo soggetto ultrasettantenne deve applicarsi nei suoi confronti la misura degli arresti domiciliari». E poi c’è Gianmaria Cometti, che di anni ne ha addirittura 83 anni, e che è stato sottoposto all’obbligo di dimora.

Il modus operandi

L’anziano di Bedizzole, secondo gli inquirenti, gestiva una delle otto imprese individuali create, senza mai essere realmente operative, con il solo scopo di vendere, con pagamenti in contanti, false assunzioni a centinaia di stranieri che così ottenevano da un parte il permesso di soggiorno e dall’altra contributi pubblici o prestazioni erogate dall’Inps.

«La fama del gruppo - si legge dagli atti - era ed è tale da superare i confini della provincia tanto che i referenti sono stati contattati da intermediari interessati al sistema, posti in varie zone della Lombardia».

Gli interrogatori

Oggi inoltre si sono tutti avvalsi della facoltà di non rispondere i quattro indagati raggiunti dalla misura cautelare in carcere.

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