Aspettiamo Godot, ma lui arriverà domani

Come il testo di Samuel Beckett, la condizione umana, spesso è affine al Teatro dell’assurdo
Attorno alle moderne «torri di Babele» ci sono porte sbarrate dalla paura
Attorno alle moderne «torri di Babele» ci sono porte sbarrate dalla paura
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Da tempo conservo un vecchio libro, con la copertina in pelle marrone ed i fregi in oro. Lo avevo trovato dentro il cassettone consumato dai tarli di un vicino di casa, fra le cose che la nuora stava eliminando, dopo che lui era andato via per sempre. Aveva l’apparenza di un oggetto pregiato, forse perché era stampato in Esperanto; immaginai che lo avesse acquistato quando era emigrato in Argentina e tenuto come ricordo di quel duro periodo.

Oggi, le pagine hanno piccole chiazze giallognole e il tipico odore della carta ammuffita ma custodiscono un significato che vale la pena di riconsiderare, soprattutto in questo momento storico. Esperanto trae origine da uno pseudonimo, ma per la linguistica significa: «colui che spera». Il termine racchiude l’idea nata verso la fine dell’Ottocento da Ludwik Zamenhof di creare una nuova lingua artificiale, che divenisse un ponte di comunicazione fra i popoli. Egli, attingendo da vari idiomi, intese avvicinare gli uomini mediante una reale forma di comprensione che coinvolse circa 15 milioni di individui, non ottenendone né la diffusione né il fine auspicato.

Oggi, siamo indotti a pensare che l’idea «sperante» sia ormai obsoleta. Su tutto il pianeta vengono eretti muri di cemento, di filo spinato e di parole, per «difenderci» dai nostri simili i quali subiscono la sorte di essere nati fuori dalla fascia di contenimento. Attorno alle moderne «torri di Babele» ci sono porte sbarrate dalla paura che impediscono l’accesso anche a coloro che, spinti dal bisogno o dai conflitti armati, si accalcano per entrare. Fuori dal reticolato l’immagine del benessere è quella di un «giardino delle delizie» esposto alle pupille di uomini affamati i quali, senza voce, implorano di poter mangiare dallo stesso piatto.

Il significato dell’Esperanto è inciso sulla pelle mortificata di tante donne che partono da sole, gravide o con i loro bambini, le quali vedono il futuro solo attraverso il superamento dei tornelli costruiti alle frontiere da tanti sovranismi. Mentre molti uomini si incamminano sulla strada della speranza, altri restano seduti sotto alberi senza foglie, come Estragone e Vladimiro, aspettando il loro «Godot» che non arriva mai. Come il testo di Samuel Beckett, la condizione umana, spesso è affine al Teatro dell’assurdo. Ogni giorno, guardiamo sorgere il sole fiduciosi, continuando a credere che ciò a cui tendiamo «oggi non verrà, ma verrà domani».

 

 

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