Anno nuovo vita vecchia

Riflessioni (non richieste) sul tempo che passa
La patente di guida - © www.giornaledibrescia.it
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Mi scuso preventivamente, ma questa settimana dovrò parlare di me. Conoscete la mia proverbiale ritrosia, solitamente preferisco condividere con voi i libri che ho sul comodino (inclusivi ovviamente, non quelle vecchie fiabe passate ormai di moda), o l’emozione dopo aver partecipato a un incontro culturale (magari uno di quelli entusiasmanti nei quali si parla di cambiamenti climatici), oppure confrontarmi con voi su quanto sia eticamente appagante muoversi in bicicletta anziché in auto.

In questi giorni però ho avuto svariate occasioni per riflettere su me stesso, non che solitamente non lo faccia, non serve nemmeno specificarlo. Ma nel caso specifico, ed ecco perché mi permetto di occupare questo spazio per violare la mia privacy, oggetto dei miei ragionamenti e considerazioni è stato il tempo che passa. Converrete che si tratta di un tema di respiro generale.

A inizio anno mi è scaduta la patente, sono quindi andato in scuola guida per il rinnovo. Al bancone ho ritrovato il mio vecchio istruttore, sono già passati tre decenni, ho detto con quella confidenza che si ingenera tra chi ha un passato condiviso, pensa a chi non ci è arrivato ha tagliato corto lui. Togliendomi anche il sorriso di circostanza dal volto.

Sono poi passato alla visita oculistica e quindi nuovamente al bancone per pagare. Eh dai, ci ho riprovato da simpatica canaglia impenitente, ci rivediamo tra dieci anni. Eh no, hai passato i 50, la prossima scadenza è fra 5 anni. Sono uscito, tutto sommato, mi sono detto, la questione non è il tempo che passa ma le persone che si incontrano lungo il cammino.

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