Albero della Vita nella bufera per le accuse di plagio

L'architetto Wilkinson sostiene che sia uguale a un suo progetto. Balich minimizza: è ridicolo. Turati: polverone alzato ad arte.
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Doveva essere il progetto simbolo di Expo 2015. Ma purtroppo rischia di diventarlo in negativo. Parliamo dell'Albero della Vita, l'opera disegnata da Marco Balich, per due milioni di euro, al centro per mesi di un lungo "si fa, non si fa" e accusata ora, una volta arrivato l'ok ufficiale, di essere una copia dall'architetto inglese Chris Wilkinson. Il quale una volta viste le anteprime dell'opera milanese non ha potuto fare altro che pensare ai suoi supertrees realizzati a Singapore, nei magnifici Gardens by the Bay. Alberi giganti che ricordano quello di Balich, tanto da portare Wilkinson a ipotizzare un'azione legale per tutelare la propria idea, come annunciato in un'intervista al Corriere della Sera. 

Passi formali non ce ne sono ancora, ma nel frattempo Balich si difende: «Chi mi accusa di avere copiato l’idea mi fa ridere - al telefono -. Non ci sarà nessuna causa: sfido chiunque a disegnare un albero che non abbia la forma di un albero, ma sia sferico o addirittura quadrato».

Insomma non c’è pace per il progetto Albero della Vita (35 metri d'altezza, otto milioni di euro di costo), monumento icona dell’Esposizione Universale di Milano, realizzato per la parte strutturale da 25 aziende bresciane coordinate da Aib. 

La nuova «tegola» ha colto di sorpresa Giancarlo Turati, delegato Aib per Expo 2015. «Orgoglio Brescia», il raggruppamento di imprese che realizzerà a proprie spese la struttura dell’albero conta sulle royalty per alleggerire i costi del progetto. «Chiederemo chiarimenti a Padiglione Italia - spiega Turati -. È un polverone alzato ad arte da qualcuno».

Anche Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia e Brescia è lapidario. «Coldiretti è sponsor con Pirelli dell’Albero della Vita perché crediamo nel progetto. Sconcerta, leggendo le dichiarazioni di Wilkinson, vedere come gli italiani non sappiano remare tutti dalla stessa parte, ma vogliano farsi inutilmente male». 

 

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