Accoglienza migranti, Castelletti: «Tutti i Comuni devono rispondere all’appello»
«I Comuni non possono essere lasciati soli a gestire un’emergenza complessa e onerosa. Mi appello ai sindaci di centrodestra e al presidente della Regione Attilio Fontana affinché chieda una regia nazionale». La sindaca di Brescia Laura Castelletti confida ancora in un percorso di accoglienza «che vada al di là dei proclami ideologici del governo». A parlare sono i fatti. E le persone che arrivano, molto più di una sterile statistica.
Tremila quelle attese in Lombardia a breve, parte di quegli oltre 78mila sbarchi sulle nostre coste a partire dallo scorso primo gennaio e aggiornati a ieri. In queste ore la prefetta Maria Rosaria Laganà sta telefonando a tutti i 205 sindaci della nostra provincia per percorrere la strada di quell’accoglienza diffusa che allontanerebbe l’ipotesi tendopoli. «Vogliamo scongiurare questa ipotesi e, per farlo, dobbiamo puntare sull’accoglienza diffusa con il coinvolgimento delle amministrazioni comunali e di altri enti» è la dichiarazione di Luca Zaia, presidente leghista del Veneto che ha scontentato molti amministratori leghisti.
No alle tendopoli
Laura Castelletti lo sottolinea con forza: «Le tendopoli non le vogliamo, però...». Ecco, dunque, che serve «una responsabilità da spalmare su tutti il territorio provinciale». Ed è per questo che il prefetto sta cercando di coinvolgere tutti i sindaci. Di fatto, in provincia di Brescia, i comuni che accolgono sono 93 su 205 anche se sono 39 i comuni aderenti al Coordinamento provinciale dei progetti di accoglienza. Ad oggi sono 667 i posti disponibili in appartamenti diffusi sul territorio e dodici i progetti Sai (Sistema di accoglienza e integrazione). Tutti occupati.
I posti sono tutti occupati
Solo a Brescia nei Sai, il nuovo acronimo del Sistema di accoglienza e integrazione in passato noto come Sprar e, per un breve periodo, come Siproimi, anche se con connotazioni differenti, dal 2014 al 2020 i posti sono sempre stati trenta; nel 2021 sono diventati sessanta e nel corso del 2022 sono cresciuti a 92 per rispondere prima all’emergenza Afghanistan e in seguito a quella dell’Ucraina. Anche per quest’anno sono rimasti 92. Dall’inizio dell’accoglienza, nei centri della città capoluogo sono transitate 454 persone.
C’è anche un’altra accoglienza, al di fuori dei progetti Sai e dei Cas (i centri di accoglienza straordinari) finanziati dalle Prefetture. Ne hanno parlato ieri, con la sindaca, gli assessori Marco Fenaroli e Valter Muchetti. «Un’accoglienza completamente a carico del Comune sia a livello organizzativo sia finanziario - hanno spiegato -. Anche qui i numeri, per dare l’idea dell’impegno: novanta richieste nel 2022, di cui sette per motivi finanziari; sempre lo scorso anno sono stati accolti 42 nuclei familiari con minori e quindici nuclei nel primo trimestre del 2023. Di queste 57 famiglie, solo sedici sono state poi accolte nel sistema nazionale dei Cas, malgrado fossero molti di più quelli che avevano i requisiti. La spesa annua stimata per il Comune, che ha continuato a farsene carico, è di 400mila euro».
Oltre duecento i minori non accompagnati
Ci sono i minori non accompagnati, 215, che vivono in strutture reperite dai Servizi sociali del Comune che deve anticipare i costi dell’accoglienza, pari a cento euro al giorno per ciascuno. Ci sono i «dublinati», le vittime del regolamento di Dublino in base al quale la domanda di asilo deve essere presentata nel primo paese di approdo. Ritornano, smarriti, con i loro figli. Erano già transitati da Brescia, arrivati dopo lunghi viaggi via terra o via mare. Erano stati identificati con fotosegnalazione e impronte digitali e poi erano ripartiti per raggiungere parenti o amici in Olanda, Svezia, Francia, Germania. Non avevano fatto i conti con la rete Eurodac, la banca dati a livello europeo delle impronte digitali dei richiedenti asilo usata dalla polizia per controllare se sono state presentate diverse domande. «Scoperti», vengono riaccompagnati in Italia, in quanto primo paese in cui sono approdati e identificati. «Per i dublinati apriamo una sorta di Centro di accoglienza straordinaria informale a carico del Comune. Ci costa settecentomila euro» spiega l’assessore Marco Fenaroli.
Questa è la realtà a fronte di una legge - il decreto Cutro poi convertito - che di fatto restringe tutte le maglie. «Perché - si chiede Fenaroli - se la legge parla solo di respingimenti, assistiamo ad un’impennata di sbarchi? Perché si procede ad una distribuzione obbligatoria sul territorio nazionale, per poi lasciare ai Comuni la scelta volontaria se accogliere o meno. Non ci rendiamo conto che gli irregolari, oltre a problemi di ordine pubblico, aumentano il rischio di massicce presenze irregolari anche sul lavoro».
Non sono numeri
Ancora numeri. Ancora emergenza. Ancora affanno. Ancora un’umanità che dovrebbe rendersi «invisibile», ma che tale non è. Non lo è quel 40% di stranieri neoassunti, dato diffuso dal Centro Studi di Confindustria che, già in passato, aveva lanciato l’allarme sulla carenza di manodopera. Non lo sono le persone che non vengono accolte, ma che restano qui. La sindaca: «Per chi non è accolto nasce automaticamente il tema della sicurezza. Ci sono rischi e ci sono costi economici e umani importanti».
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