A Brescia arriva la «meglio gioventù» delle periferie

Un’attesa ricca di fermento, di curiosità, di voglia di accogliere e di condividere. È quella che si respirava nel pomeriggio di sabato nel piazzale dell’oratorio di San Domenico Savio a San Polo dove la «meglio gioventù» di quei quartieri di Brescia (con San Domenico, anche l’oratorio di Sant’Angela Merici) era in attesa di altri ragazzi provenienti da cinque realtà diverse del Paese.
Ieri sono arrivati i gruppi da Catania, Roma, Perugia e Milano. Oggi è atteso quello di Scampia, popoloso e difficile quartiere di Napoli.
Chi sono
Giovani che vivono in realtà di periferia, ciascuna a suo modo complessa, e che per una settimana nella nostra città danno vita ad un esperimento sociale, una scommessa voluta da Daniele Alberti, presidente della Fondazione Soldano e da don Marco Mori, parroco della parrocchia della Conversione di San Paolo cui si affianca don Filippo Zacchi della sant’Angela Merici. Scommessa che si gioca nella settimana che precede gli eventi del Festival LeXGiornate. «I ragazzi di Scampia arrivano oggi, in treno. Del resto, le periferie hanno le loro lentezze» afferma don Marco, sorridendo. A dire il vero, difficile parlare di lentezza osservando con quale rapidità i ragazzi ieri spostavano da un locale all’altro tutto quanto serve per allestire il palco di un mini-concerto. Alla «periferia» dell’Etna. Incontriamo Ciccio, ventenne arrivato da San Giovanni La Punta, un comune della città metropolitana di Catania. Con orgoglio racconta, in fondo, nel suo paese non si sta nemmeno tanto male.
Le voci
«C’è un centro commerciale, ci sono molti posti per la movida, ci sono molte libertà». Ciccio ha appena finito di studiare grafica e comunicazione ed ora lavora in un’agenzia di animazione come tecnico audio. Però, si esibisce anche come trampoliere, soprattutto nelle feste di matrimonio. Siamo distanti, ci spostiamo. Accanto a Ciccio è seduta la diciottenne Maria Stella da Aci Catena. «Ho finito il liceo classico ed inizierò l’Accademia delle Belle Arti a Catania. Nel mio paese non ci sono molte attrazioni per noi giovani, a parte le scuole e l’Azione Cattolica. Ma ci spostiamo, non ci sono problemi». A vivere con maggior disagio l’isolamento del suo paese è Giulia che oggi vive a Perugia dove frequenta Scienze dell’Educazione. Lei è nata a Termoli, in Molise. «In estate, quando ci sono i turisti, è di certo un luogo molto accogliente. Meno per chi ci abita, ed è un vero peccato. Si sente tutto il peso dell’essere in periferia, soprattutto per la sanità... Pensate che per qualsiasi necessità siamo costretti ad andare a Campobasso che dista un’ora e venti di auto da Termoli. Quando frequentavo il Conservatorio ogni giorno dovevo sobbarcarmi quasi tre ore di tragitto».
La sorpresa
Giulia, così come Ciccio e Maria Stella, ma anche Giorgia, Edoardo, Chiara, Helena, Giada e Rosario, solo per citare i ragazzi che abbiamo incontrato ieri nel piazzale a fianco del frequentato campo di calcio, non conosce nel dettaglio il programma della settimana, che ha al centro l’arte, ogni forma di arte, come strumento di condivisione. «Mi aspetto di vivere a colori questa esperienza: sono qui da poche ore e già respiro aria di prosperità e di serenità e ogni ragazzo è un elemento irrinunciabile per costruire relazioni di speranza». Giulia alloggia dalle Suore Operaie di San Polo. Un altro gruppo in via Ferri dai Piamartini e venti ragazzi vengono ospitati da altrettante famiglie del quartiere.
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Famiglie accoglienti
«Non solo in oratorio: si immergeranno anche in queste nostre realtà per maturare l’idea, di cui noi siamo certi, che la periferia non è solo una terra lasciata ai margini: vogliamo uscire da questo stereotipo - sottolinea don Marco -. I ragazzi sono felici di mettersi alla prova». Dalle prime conversazioni che hanno avuto con i due sacerdoti, hanno manifestato il loro stupore per i moti spazi educativi e di svago di cui sono ricche anche le nostre periferie. Da oggi ragazzi di differenti provenienze, con in comune la geografia ai margini delle città, impareranno a parlare un linguaggio comune per costruire un progetto che permetta di uscire dalle loro paure, di allacciare rapporti con gli altri e di collaborare per il bene di tutti. L’energia. L’architetto Renzo Piano, nel «rammendare» urbanisticamente quartieri di grandi città, afferma: «Le periferie sono la città del futuro, non fotogeniche d’accordo, anzi spesso un deserto o un dormitorio, ma ricche di umanità e quindi il destino delle città sono le periferie. Nel centro storico abita solo il dieci per cento della popolazione urbana, il resto sta in questi quartieri che sfumano verso la campagna. Qui si trova l’energia».
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