«A 16 anni faccio rapine per rabbia. Bevo perché sto male dentro»

La voce di un minorenne denunciato per rapina e accolto in comunità. Il primo furto a 10 anni, la strada e poi l’abbandono della scuola
Sempre più in crescita i fenomeni di violenza e disagio minorile
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L’ultimo episodio in ordine di tempo, la denuncia di alcuni neodiciottenni per una rapina a danno di coetanei, è di pochi giorni fa. Una vicenda che come tante è finita nelle pagine di cronaca nera, alla quale oggi vogliamo però dare un volto e una voce. Abbiamo scelto la storia e la voce di un ragazzo di 16 anni denunciato per rapina e accolto in comunità, una vicenda che come tutte queste vicende è una storia a sé, ma che rappresenta anche la punta dell’iceberg di un fenomeno - quello della devianza e della delinquenza minorile - che sta diventando allarme sociale. Non tanto, e non solo, come minaccia nei confronti dei cittadini aggrediti, ma come sintomo di un disagio che, in varie forme, coinvolge tanti giovani. Violenza verso gli altri ma, spesso, anche verso se stessi e il proprio corpo. Una forma di disagio che si è acutizzata con il lockdown e che va ascoltata e affrontata. La voce di questo ragazzo - un «figlio nostro» nel momento in cui viene accolto dal nostro Paese, dalla nostra scuola e dalle nostre istituzioni - può aiutare a capire cosa c’è dietro questo fenomeno, e tentare di trovare soluzioni oltre l’intervento repressivo.

«Quando sono arrivato in Italia avevo sette anni, ero già alle elementari, gli altri mi guardavano male perché avevo le scarpe bucate, ero vestito male e loro avevano il papà che gli dava i soldi, e per queste prese in giro continuava a crescere la mia rabbia dentro, non stavo tanto bene».

Hai raccontato a qualcuno di questa rabbia?
«No a nessuno, tenevo tutto dentro».

E come hai iniziato a stare per strada?
«A dieci anni ho iniziato a uscire con mio cugino più grande, è lui che mi ha portato in strada. Mi veniva a prendere a casa, uscivamo con i suoi amici più grandi, loro fumavano, anche le canne, uscivo con loro».

Mamma e papà non si preoccupavano?
«No, ero in giro con mio cugino, si fidavano. Poi io con mio padre non ci parlavo, non ci parlo neanche tanto adesso, da bambino mi ha sempre picchiato, a me questa cosa non piaceva. Mia mamma no, è una brava persona».

E con tuo cugino hai fatto il primo furto, a dieci anni?
«Sì, aveva messo un pezzo di carta in una finestra, di notte siamo entrati e abbiamo preso da mangiare».

 Come ti sei sentito? Sapevi che era sbagliato?
«No, non lo sapevo, ho sentito adrenalina e basta. Poi ho iniziato a rubare le bici».

Eri da solo o in compagnia?
«Ero da solo, da piccolo uscivo da solo».

E che ne facevi della bici rubata?
«Andavo in stazione e la vendevo, prendevo dieci euro, mi compravo sigarette e da mangiare. Poi ho iniziato a rubare vestiti nei negozi, così mi vestivo bene»

E la scuola?
«Ho fatto fino alla terza media, mi hanno bocciato, poi ho rifatto la terza media, sono andato poco ma mi hanno promosso. In prima superiore mi sono iscritto al Cfp Termoidraulica, non andavo a scuola ma mi hanno promosso per il Covid. In prima e seconda, certe volte, ero in dad. Non avevo il computer e avevo il telefono rotto, così usavo quello di mia mamma».

Qualcuno ti ha chiamato da scuola, ti ha cercato?
«No, chiamavano raramente».

E con il lockdown che facevi se non seguivi le lezioni?
«Uscivo lo stesso, se mi fermavano davo scuse su scuse, tipo sono andato da mio cugino, in paese i carabinieri non facevano tanta pressione».

Ti conoscevano?
«Sì, mi conoscono bene».

E nessuno di loro ti ha fermato, ti ha chiesto cosa stai combinando?
«No».

Poi gli amici te li sei fatti...
«A 14 ho conosciuto questi due amici dalla Tunisia, giocavamo a calcio insieme, poi abbiamo smesso con il calcio e abbiamo iniziato a venire a Brescia a fare i nostri giri, prima al Freccia Rossa quando era attivo, adesso che non c'è niente si va in giro».

-A far cosa?
«A trovare soldi».

Cioè?
«Andavamo a cercare le macchine, aprivamo, spaccavamo le macchine, trovi zaini, portamonete, magari ti capita la volta buona che trovi un portafoglio».

Giravate armati?
«Certe volte si, certe volte no. Tanti girano col coltello, per far paura. Ma io la penso così, se hai un coltello in tasca devi avere le palle di usarlo, se no è inutile tenerlo».

Tu ce l’avevi un coltello?
«Ne ho tanti nascosti in giro».

Ti è capitato di usare il coltello?
«No».

E il giorno che ti hanno fermato com'è andata?
«Prima siamo andati a prendere l'alcol».

Tu sei minorenne non potresti neanche bere.
«Sì, ma ho bisogno di bere».

Cosa vuol dire?
«Sinceramente non sto tanto bene, l'alcol non mi fa pensare ai problemi. Anche se poi è sbagliato, perché non te li risolve i problemi».

Oltre all'alcol usavi altre sostanze? Fumo?
«Anche di più».

E a cosa servono?
«A non pensare ai problemi, per andare un po' fuori dal mondo, però le droghe ti mangiano dentro».

Quel giorno che cosa è successo?
«Abbiamo fermato un ragazzo».

Come si sceglie la vittima?
«Si vede dai vestiti firmati, da come è vestito, dipende, si vede anche dalla faccia se uno è figlio di papà o se invece è uno come te».

Uno come te lo rapini?
«No, perché alla fine siamo sullo stesso piano»

Invece questo era firmato e pure figlio di papà.
«Sì, gli abbiamo preso il telefono. Poi è sbucato qualcuno, non ricordo bene perché ero ubriaco, sono riuscito a scappare ma sfortuna è arrivata la pattuglia e mi ha fermato».

Cosa hai pensato?
«Non ho pensato niente».

Te l'aspettavi?
«Alla fine se fai queste cose non pensi al rischio, te lo puoi anche aspettare ma non pensi al rischio».

E cosa è successo poi?
«Siamo andati in caserma, mi hanno dato rapina».

Hanno chiamato i tuoi genitori?
«Sì, mi è venuto a prendere mio padre».

Cosa ti ha detto?
«Niente, mi ha detto solo: lo sapevo».

Avresti preferito se si fosse arrabbiato?
«Boh, quando si arrabbia lui io mi arrabbio il doppio, non so perché, lo ha fatto una volta che mi ha svegliato, ma solo a svegliarmi ero arrabbiato e ho rotto la tv con un pugno. Quest'anno ho cambiato dodici telefoni perché mi faceva arrabbiare, li rompevo. Comunque dopo questa rapina il giorno dopo ne ho fatta un’altra, perché ero arrabbiato di più».

Quindi eri tornato a casa?
«Sì, mi avevano fatto uscire».

E...?
«Abbiamo fermato dei ragazzi, li abbiamo picchiati, gli abbiamo preso una collana, gli occhiali».

Così hai fatto un’altra rapina perché eri arrabbiato. Con chi?
«Con tutti».

Perché?
«Perché non è giusto. Cioè, non è giusto quello che ho fatto, però non è giusto nemmeno quello che ho passato io. La mia famiglia non ha tanti soldi, mio padre deve crescere me, due sorelline piccole, mio fratellino piccolo e i soldi non ci sono».

Cosa fa tuo papà?
«Il muratore».

Ti ha chiesto di lavorare?
«Ho cercato di lavorare, ho lavorato una settimana, andavamo in valle a sistemare le antenne wifi, mi hanno dato 50 euro. Così ho lasciato e sono tornato a fare le stesse cose».

Perché fai queste cose?
«Perché a me piace cantare, ma non ho avuto l'opportunità di cantare, a calcio non ho avuto l'opportunità. Ero il più forte della squadra ma hanno preso altri, così ho litigato con la società, li ho mandati a quel paese».

Se ti avessero preso ora saresti qui?
«No, sarei a giocare in una squadra forte».

E in comunità come stai?
«Sto bene ma anche male. Bene perché sto facendo un percorso per migliorare, non tornare alla strada che facevo prima. Male perché sono lontano dalla famiglia».

Se tuo fratello lasciasse la scuola e iniziasse a fare quello che facevi tu alla sua età?
«Gli direi che sta sbagliando, sono bastato io che ha fatto queste cose, perché dovresti farle anche tu?»

Se qualcuno te l’avesse detto a 12 anni l’avresti ascoltato?
«No».

Tornando indietro, chi o cosa avrebbe potuto aiutarti, fermarti?
«Penso nessuno, se non ho ascoltato né mia madre né mio padre».

Cosa si dovrebbe fare per evitare che altri ragazzi facciano quello che hai fatto tu?
«Bisogna stargli vicino e magari chiedergli dei loro problemi, provare ad aiutarli».

Chi deve farlo?
«La scuola, perché ok che ti insegna, ma certe cose non te le insegna. Non solo la scuola, un po’ tutti».

Cosa diresti alle persone che in giro incrociano un ragazzo come te?
«Che non devono pensare subito male, non devono giudicare senza conoscere una persona, perché ognuno ha i suoi problemi».

Pensi al tuo futuro?
«Fino a prima non ci avevo mai pensato, adesso sì, voglio fare il cantante».

E se non riesci?
«No, io devo fare il cantante e basta»

Dimmi una cosa bella di te.
«So giocare a calcio».

E del tuo carattere?
«Non so... sono dolce».

E un tuo difetto?
«Mi arrabbio troppo facilmente».

La rabbia si può risolvere?

«Secondo me sì».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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