21 giugno 1963: Montini è il nuovo Papa

Il racconto di quella giornata ripercorrendo le edizioni dell'epoca del nostro quotidiano
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«Un uomo è morto al mondo, un Pontefice è nato per la cristianità». Nella tarda mattinata del 21 giugno 1963, dopo sei scrutini, dal camino della Cappella sistina uscì fumo bianco: Giovanni Battista Montini era stato eletto ed aveva scelto il nome di Paolo VI. Vincenzo Cecchini, direttore del Giornale di Brescia, nell’editoriale del 22 giugno, scrisse che «agli occhi e all’affetto di chi lo ha conosciuto, bresciani, romani, milanesi, stranieri, di chi lo ha visto innalzarsi negli anni, un prete tutto anima, che portava in sé una predestinazione a tratti intuibile, s’allontana ora da una scena limitata, varca una soglia unica, entra nella navicella di San Pietro e ne prende il timone».

Un compito difficile attendeva Montini, che guiderà la Chiesa fino al 6 agosto 1978. Cecchini ne era consapevole: «Molte volte nella storia la navicella di San Pietro, sbattuta dalle tempeste, si è trovata in frangenti terribili: né le fu promessa una placida navigazione. Ma certamente oggi non è chi non veda che se da ogni parte della terra gli sguardi sono puntati sulla Chiesa di Roma, sguardi di speranza o di avversione, comunque di attesa, ciò avviene perché Roma è come mai prima, una misura universale: alla scala dell’umanità intera, dei suoi mali e delle sue speranze».

In prima pagina ampio spazio al racconto dell’elezione vista da piazza San Pietro. Arcangelo Paglialunga, tra i più fini conoscitori delle cose vaticane e per moltissimi anni collaboratore del nostro giornale, raccontava che alle 12.10, all’annuncio dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, «il nome dell’eletto è stato salutato da una lunga interminabile ovazione, oltre centomila persone si trovavano in piazza». La scelta del Conclave non fu certo una sorpresa, raccontava Gino Nebiolo. Spiegando che la folla, nel sentire il cardinale Ottaviani pronunciare «Johannes Baptistam», subito urlò Montini: «Se il Conclave si è concluso in soli due giorni, anzi in un giorno e mezzo, vuole dire che Montini è Papa, non altri».

Montini appare sulla Loggia delle benedizioni, è ancora Nebiolo che scrive, «guarda giù, e sul suo volto pallido e affilato passa un sorriso. Sotto, nell’ora più torrida della giornata (sono le 12.20), la piazza è un gigantesco e vorticoso sventolare di fazzoletti. Sembra che centomila mani abbiano ognuna una colomba e la lascino allegramente sbattere le ali. Nel grandioso sventolio nessuno ha tempo, nemmeno i preti, di mormorare una preghiera. Adesso c’è da tentare di fargli arrivare, lassù alla loggia, un personale saluto e augurarsi che egli lo possa accogliere ed isolare dagli altri».

Nebiolo nota gli «erculei seminaristi tedeschi dai capelli giallini, squarciano varchi dolorosi per spingersi nelle prime file, e intanto si sbracciano e urlano "Viva Montini", urlano e si sbracciano però con un occhio agli obiettivi, persino agli operatori dei cinegiornali e della Tv, appollaiati sulle scalette e al riparo degli ombrelloni da spiaggia».

Nelle pagine interne ampi servizi dedicati alla vita di Montini, dall’articolo di Ferruccio Furri che racconta del «gracile figlio della signora Giuditta»; a quello di Danilo Tamagnini, che alla Sacca di Nave intervista la signora Ceresoli, sorella di latte del Papa. Nel chiudere il suo editoriale, Cecchini fu facile profeta: «Paolo VI riaprirà il Concilio: ne fanno fede le sue stesse parole; e sarà già un compito immane. Egli non lascerà certo cadere la mano tesa alle chiese separate: la sua mente e il suo cuore lo portano alla stessa visione moderna, aggiornata di questi due problemi che Giovanni XXIII ha attivato: quello del rinnovamento della Chiesa perenne, delle rughe e delle macchie sul suo volto che bisogna cancellare; e quello dei cristiani che bisogna unire».

Francesco Alberti

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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