Viaggio lungo l'Oglio, che ha ridotto la sua portata del 64% rispetto alla media stagionale
Il rumore del salto al Chiusone e l’odore dell’acqua comunicano che il fiume è vivo. Fluttua fra i massi e placido riprende il suo corso nella pianura. Il Chisù di Roccafranca è uno dei luoghi più suggestivi del medio corso del fiume Oglio all’interno del Parco regionale, baricentro di aree boschive e naturali di pregio, fra Rudiano e Borgo San Giacomo.
Il più grande fiume bresciano sta soffrendo le pene della siccità, tuttavia si difende. Perde acqua a favore delle coltivazioni, ma altre ne riceve da sorgive e fontanili, sia pure in crisi. Insomma, vacilla ma resta in piedi.
L’Oglio ha ridotto la sua portata del 64 per cento rispetto alla media stagionale. La norme fissano al 10 per cento della portata media annuale il deflusso minimo vitale, per l’Oglio significa 6,6 mc al secondo. In casi eccezionali, durante il periodo delle irrigazioni è possibile dimezzare la quota per un massimo di 60 giorni. Il bonus è stato ampiamente usato, ma non è ancora esaurito. I fiumi sono corpi idrici viventi, con loro caratteristiche.

Luigi Ferrari, presidente del Parco Oglio Nord (e agricoltore), spiega che in estati normali la portata in uscita a Paratico è fra i 74 e gli 80 mc/s; giunta all’altezza di Pumenengo-Rudiano l’acqua è praticamente tutta risucchiata da fossi, canali e derivazioni, ma sostituita e rinforzata da fontanili e sorgive che possono aumentare la portata fino a 115 mc/s. In queste settimane il deflusso ecologico è poco al di sopra della quota minima. A Roccafranca, ad esempio, ieri il deflusso medio (misurato alla roggia Conta) era di 7,8 mc/s; a Palazzolo (roggia Castrina) di 36,3 mc/s; a Pontoglio (Castellana) 22,5 mc/s; a Urago (Molina) 11,2.

Tuttavia, da Palazzolo a Quinzano al passante distratto il fiume potrebbe sembrare normale. Scorre largo e tranquillo nel centro di Palazzolo, così come a Pontoglio. Sotto il ponte fra Urago e Calcio supera agilmente lo sbarramento di massi per scendere a Rudiano, a disposizione degli aficionados del fiume. Ci sono un paio di spiaggette attrezzate per il relax fluviale: sedie in plastica e vimini, tavolini, campo di bocce artigianale. «Ci passiamo i pomeriggi con partite di carte e di bocce fra un bagno e l’altro», dice uno dei pensionati frequentatori abituali. Più che bagno è un pediluvio, dato il livello dell’acqua.

A Roccafranca, al Chisù, dopo il salto, l’Oglio prende più velocità. E a proposito di passatempi fluviali, l’Oasi del pensionato di Orzinuovi è in piena stagione. Anche qui tornei di bocce e di briscola all’ombra del boschetto che affaccia sull’Oglio. Un vero e proprio luogo del cuore per gli orceani. Un’oasi, questa volta non sociale ma naturale, è la Lanca di Acqualunga, frazione di Borgo San Giacomo. Qui, nell’antico letto abbandonato del fiume e recuperato anni fa alla fruibilità pubblica dal Parco dell’Oglio, la siccità ha lasciato una ferita. La Lanca è per buona parte prosciugata per effetto del caldo e del prelievo da parte degli agricoltori. Uno spettacolo triste.
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Si rifarà grazie (si spera) alle piogge e all’apporto di fossi e sorgive, che però adesso sono in secca. Un angolo è ancora godibile, con il suggestivo letto di ninfee, per quanto rattrappite. Specie di avifauna si posano in cerca di frescura. La stessa che un cormorano spera di trovare sotto il ponte di Quinzano, mentre una idrovora nel fiume attende di dare sollievo ai campi vicini.
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