Bassa

«Troppi archeologi volontari all’opera: scavi a Gambara illegali»

La Confederazione dei professionisti accusa: «Disatteso il regolamento che detta i requisiti»
Sul terreno. Il gruppo Klousios all’opera nelle scorse settimane sulle tombe longobarde nella zona di Gambara
Sul terreno. Il gruppo Klousios all’opera nelle scorse settimane sulle tombe longobarde nella zona di Gambara
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Scavi archeologici «che non rispettano la legge, con l’avvallo della pubblica amministrazione». L’accusa, riferita ad attività in corso nella Bassa con la partecipazione di volontari, arriva dalla sezione lombarda della Confederazione italiana archeologi, una delle due maggiori associazioni di archeologi professionisti a livello nazionale, che ha scritto alla Soprintendenza di Brescia. L’associazione di categoria parla di «attività di scavo, eseguite da volontari, divenute illegali in base alla recente normativa che stabilisce i criteri per definirsi archeologo».

Nel mirino anche i recenti scavi a Gambara: «Nella seconda metà di giugno, nel corso di lavori agricoli sono venute alla luce alcune tombe, scavate dai volontari dell’associazione Klousios di Casalmoro che avrebbe operato, sotto la direzione scientifica della Soprintendenza archeologica, a titolo gratuito e prevalentemente nel fine settimana con personale privo dei requisiti formativi previsti dalla legge - spiega in una nota il presidente di sezione Nicolò Donati -. Come è stato possibile autorizzare uno scavo senza una direzione di cantiere adeguata e con l’impiego di personale non in possesso dei requisiti, come previsto dalla normativa?».

La Cia cita anche il Gam di Montichiari: «Nel basso Bresciano l’impiego di volontari, seppure preparati, al posto di professionisti qualificati, sembra essere un fatto consolidato se anche il Gruppo archeologico di Montichiari può scrivere sul proprio sito internet che organizza "in collaborazione con la Soprintendenza archeologica della Lombardia interventi sul campo destinati per la maggior parte al recupero di situazioni archeologiche in immediato pericolo di conservazione"» prosegue la Cia che a sostegno della sua posizione cita il recente decreto ministeriale 244/2019 (regolamento per la formazione di elenchi di professionisti operanti nel settore dei beni culturali) in base ai requisiti dettati dalla legge 110/2014.

«Il decreto che regolamenta la figura dell’archeologo, prevedendo specifici titoli di studio e requisiti di accesso per le attività di scavo e più in generale alla professione che oggi viene svolta in Italia da circa 4.500 archeologi che possono finalmente contare su un riconoscimento che ne tutela competenze e preparazione, costruite con anni di studio e di esperienza sul campo», proseguono gli archeologi.

Si sono rivolti alla Soprintendenza «fiduciosi che provvedimenti non tardino ad arrivare, in modo che situazioni del genere non si debbano ripetere» scrivono. L’ente, stando alla Cia, avrebbe ammesso «l’eccezionalità dell’accaduto» e assicurato che «queste situazioni non si ripeteranno più». La Confederazione, comunque riconosce l’impegno dei volontari e considera i musei come il luogo ideale del loro servizio «senza ledere il patrimonio culturale e la professionalità degli archeologi italiani».

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