Bassa

Tra alambicchi e stampe, nella Bassa rivive il mistero alchemico

L'imprenditore bresciano Roberto Ziletti ha realizzato a Manerbio un antro dove colleziona opere e
L'antro alchemico di Ziletti a Manerbio - © www.giornaledibrescia.it
L'antro alchemico di Ziletti a Manerbio - © www.giornaledibrescia.it
AA

Il bresciano Roberto Ziletti è imprenditore a tempo pieno, in giro per l’Italia (Piemonte, Puglia) e per il mondo (Polonia, Cina). Ma anche alchimista per passione. Nelle segrete archivoltate del «Castelletto» della Bassa dove vive (una casa-torre trecentesca costruita, sulle rive del fiume Mella, a difesa di un ponte che portava dentro le mura di Manerbio) ha realizzato un’insolita novità: una bottega, un opificio di forni, vasi, fuochi e alambicchi. Una meraviglia a vedersi, un sito che non ti aspetti, misterico.

Come nasce, chiediamo a Ziletti, questo interesse e cos’è questo posto? «Aggrappata ad un filo di ragnatela l’alchimia - risponde - è riuscita a superare i pericoli della storia e, quando pareva destinata all’oblio, eccola riapparire in questa nostra era quale reazione "all’ignoranza" che ha reso l’umanità insensibile nei confronti della sua stessa vita. Vengo dal mondo imprenditoriale, il mio imprinting è legato all’industria e so quanto il progresso solo materiale non sia altro che un miraggio. Cos’è questo posto? Un luogo sacro, alternativo al cammino intrapreso dal mondo, cioè l’essersi convertito all’azione tirannica nei confronti della Natura quando non dovevamo fare altro che imitarlo, il Creato».

Discorso in sintonia perfetta con la rivoluzione che bisognerebbe mettere in atto se si volesse consegnare ai nostri figli un pianeta in condizioni decenti. Così tuttavia - sollecitiamo l’alchimista del terzo millennio - bisognerebbe cambiare radicalmente l’azione intrapresa... «Certamente. Abituati a utilizzare solamente la violenza, abbiamo creduto di sorprendere la Natura; ma, al contrario, siamo riusciti solo a ricavare residui negativi dalla materia, privandola della vera sua vita che la Natura ha inserito in essa».

Roberto Ziletti da anni cerca opere alchemiche a stampa o manoscritte. Le acquista, le fa restaurare, le studia essendo in stretto contatto con alchimisti che potremmo definire «moderni» (non pensavamo ne esistessero ancora e, men che meno, che fossero così tanti). Avendo chi scrive frequentato per molti anni la Biblioteca Queriniana e sapendo che conserva la «Biblioteca Magica» voluta dai Martinengo da Barco, l’alchimista bresciano - venuto così a conoscenza dell’esistenza di questo «fondo» - ci ha chiesto di accompagnarlo (quando la fine delle restrizioni dovute al Covid-19 lo permetteranno), per giungere al cospetto di tali «proibiti» volumi. Le circa cento opere oggi alla Queriniana un tempo erano custodite in un castello nel feudo dei Martinengo della ramificazione dei «Da Barco».

La futura visita può, in un certo senso, essere anticipata grazie alla competenza e alla gentilezza di Ennio Ferraglio, che non solo è a capo del Settore Biblioteche del Comune di Brescia, ma, nello specifico, è anche responsabile del Fondo antico della Biblioteca Civica Queriniana. Il quale torna per noi sui contenuti dell’importante collezione (ch’ebbe una «vetrina» pubblica nell’autunno 2005 con la mostra «Medici, alchimisti, astrologi - Inquietudini e ricerche del Cinquecento» al Museo Diocesano).

«Se, da una parte, un’analfabeta donna di paese che curava le slogature e scacciava i vermi recitando strambe preghiere e formule poteva essere considerata una strega, rischiando grosso, dall’altra i potenti Signori bresciani si vantavano di ospitare e proteggere, nei loro pietrigni palazzi, personaggi braccati dall’Inquisizione...» ricorda, da studioso attento e profondo, il dott. Ferraglio: «Emergono senza ombra di dubbio dalle ultime ricerche - aggiunge - i continui contatti che i Martinengo tennero con personaggi considerati eretici per le sospette pratiche. È il caso, appunto, di quando i Da Barco nel 1542 diedero protezione e asilo al medico Giovanni Bracesco, uno dei tre più noti alchimisti del Cinquecento, insieme a Paracelso e ad Agrippa».

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia