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Torna a Orzinuovi lo Stendardo dipinto da Foppa contro la peste

Alla Rocca di San Giorgio fino a marzo l’«icona» del Rinascimento bresciano. Consolandi: «Un artista da rivalutare»
FOPPA IN PINACOTECA
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Un ritorno atteso da 113 anni, un evento che riempie d’orgoglio la città di Orzinuovi, ma anche un’occasione di studio su un’opera fondamentale per la storia dell’arte bresciana e su un protagonista ancora sottovalutato del Rinascimento italiano.

Lo Stendardo di Orzinuovi di Vincenzo Foppa (1427-1515) torna in patria anche se solo temporaneamente - da domani, venerdì (inaugurazione alle 18 alla Rocca di San Giorgio) fino al 31 marzo - nella mostra a cura di Roberto Consolandi, resa possibile dall’accordo con Comune, Soprintendenza, Diocesi e Brescia Musei, custode della tela di proprietà della parrocchiale orceana, dipinta sui due lati da Foppa nel 1514 come voto contro la pestilenza che flagellò il Bresciano al seguito dell’esercito di Gaston de Foix.

Il progetto

«Lavoro a questa mosta da dieci anni - spiega il curatore - e finalmente, grazie alla disponibilità di tanti, riesco a coronare il sogno del suo ritorno in patria». Con tutte le accortezze che si devono ad un oggetto fragilissimo, assicurato per un milione di euro, che sarà esposto in una teca super-monitorata che ne garantirà la tutela. Attorno allo Stendardo, Consolandi ha costruito una mostra - con relativo catalogo - che affiancherà all’opera protagonista altri importanti dipinti di Fopppa, in presenza (i Tre Crocifissi dalla Carrara di Bergamo) o tramite riproduzioni in light box (la Madonna del Tappeto di Brera, il Piccolo Cicerone che legge, alla Wallace collection di Londra) e che spazierà in più direzioni.

L’opera, innanzitutto, indagata anche attraverso indagini diagnostiche «che guardano oltre il visibile, oltre l’infrarosso» sottolinea il curatore, svelando una struttura compositiva spaziale che fa di Foppa un vero teorico della prospettiva.

Poi l’autore, «che non sarà più il "pittore dei contadini" come lo intesero Longhi e poi Testori, ma un artista raffinatissimo, in grado di competere con le maggiori personalità dell’epoca», esponente della cultura umanistica documentata in mostra da alcuni pezzi prestati sempre da Brescia Musei: quattro sesterzi romani e due placchette bronzee del ’500, assieme ad un’armatura simile a quella del San Giorgio, e alla Madonna col Cristo morto di Pietro Maria Bagnadore, anch’essa di provenienza orceana. In esposizione anche sei Santi scolpiti da Maffeo e Andrea Olivieri.

«La mostra - sottolinea Consolandi, è anche dedicata alle donne», a Constance Ffoulkes che nel 1906 rintracciò l’opera, a Fernanda Wittgens direttrice della pinacoteca di Brera, e a Marisa Dalai Emiliani, queste ultime due importanti studiose dell’artista. Al termine l’opera tornerà a Brescia, dove è destinata a rimanere «per motivi di conservazione». Resterà a Orzinuovi una riproduzione dello Stendardo, e soprattutto l’orgoglio e la consapevolezza di aver contribuito, cinque secoli fa, alla realizzazione di un dipinto icona del Rinascimento italiano.

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