Bassa

«Sono viva grazie alle trasfusioni, vado nelle scuole a sensibilizzare»

Sara Capuzzi, trentenne, ha una malattia rara ed ha già ricevuto due trapianti di rene
Sara Capuzzi - © www.giornaledibrescia.it
Sara Capuzzi - © www.giornaledibrescia.it
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Trent’anni compiuti, una malattia rara e due trapianti di rene alle spalle. Sara Capuzzi, originaria di Pavone Mella, da più di 15 anni frequenta ospedali, cliniche e centri di trasfusione del sangue. Ed è una dei tantissimi bresciani che usufruiscono dell’oro rosso donato ogni giorno in tutta la provincia. Forse anche per questo non perde mai l’armonia della voce quando racconta la sua storia. L’odissea di Sara comincia all’età di 14 anni, quando le viene diagnosticata la «glomerulosclerosi focale segmentale». Un nome che fa paura e che in effetti identifica una patologia rara, capace di provocare una sorta di progressiva cicatrizzazione (sclerosi) delle unità filtranti dei reni, conducendo spesso alla malattia renale allo stadio terminale.

«Avevo le caviglie gonfie. Poi è cominciato tutto: non potevo bere, non potevo mangiare, dovevo stare attenta a tutto. Facevo fatica a uscire, a soli 20 anni. Ero anemica, avevo valori bassi di emoglobina e le pastiglie non funzionavano. Così ho iniziato a fare le prime trasfusioni».

A 18 anni subisce un trapianto di rene, ma il suo corpo lo rigetta ed è costretta a subirne un secondo sei anni dopo. «Ma mi ritengo fortunata, perché nel giro di pochi anni ho potuto fare due trapianti», dice lei. Ed è a partire dai 24 anni, dopo la seconda operazione chirurgica, che Sara inizia quella terapia che l’accompagnerà per tutta la sua esistenza: si chiama aferesi e consiste nel processo di separazione dei componenti cellulari e solubili del sangue usando una macchina. Tradotto: le viene prelevato del sangue intero, poi scomposto nelle cellule attraverso iniezioni di plasma donato.

Ancora oggi Sara si dedica alla terapia due volte al mese. «Dal giorno del primo trapianto all’età di 18 anni ho calcolato di aver fatto 467 sedute di aferesi. Prima o poi vincerò il Guinness Word Record», esclama ridendo. Oggi la trentenne ha i propri orizzonti ben chiari ma anche la consapevolezza di quanto sia importante la donazione di sangue: «Se non ci fossero stati i donatori adesso non sarei qui, sarei ancora in dialisi».

Per questo oggi parla con gli studenti per sensibilizzare alla donazione di sangue: «Ho iniziato con l’Aido, nelle scuole, e poi con l’Avis. Mi piace divulgare, i ragazzi oggi sono ancora più curiosi dei miei coetanei alla loro età. Anche io prima ero ignara di tutto, neanche conoscevo l’Avis, tantomeno la dialisi. Ma è importante parlarne perché quello che è successo a me può succedere a chiunque dall’oggi al domani».

E Sara, come tanti medici e pazienti, si dice preoccupata della carenza cronica di sangue negli ospedali: «Il mio trapianto potrà durare al massimo 30 anni e ne ha già cinque, ma credo che dovrò continuare la terapia finché sono in vita. Io sono solo una paziente, ma come me ce ne sono tanti altri e spesso non ci si rende conto di quanto bisogno ci sia».

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