Bassa

Si è spento a 99 anni Battista Gozzoli, l’ultimo dei reduci di Verolavecchia

Cordoglio per la scomparsa dell’Alpino testimone dei drammi della Seconda guerra mondiale
Gozzoli a sinistra della sindaca di Verolavecchia nel 2019 - Foto © www.giornaledibrescia.it
Gozzoli a sinistra della sindaca di Verolavecchia nel 2019 - Foto © www.giornaledibrescia.it
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 «La scomparsa di Battista Gozzoli è la chiusura di un’epoca. Lui e gli altri reduci erano la testimonianza vivente di quello che è stato un periodo di grande tragicità della nostra storia, con la Seconda guerra mondiale, il fascismo, il nazismo, i campi di concentramento. Resta il dovere di fare memoria del sacrificio, dei valori e dell’impegno che queste persone hanno messo per ricostruire il nostro Paese». Queste le parole con cui la sindaca Laura Alghisi riflette sulla morte di Battista Gozzoli, ultimo reduce di Verolavecchia, scomparso poco prima di Natale all’età di 99 anni.

Tutto il paese si è stretto alla moglie Angela, al figlio Massimo, alla nuora, alla nipote nell’ultimo saluto all’alpino Gozzoli, conosciuto in paese come Sano. La sua esperienza in armi cominciò il 12 marzo 1943, quando, a soli 19 anni, partì per Casale Monferrato alla Caserma Santo Spirito, nel reparto di Artiglieria Contraerea, dove rimase fino all’8 settembre dello stesso anno.

Dopo l'armistizio, l’Italia piombò nel caos e Battista, come molti altri suoi compagni, scappò tornando a casa, dove rimase nascosto per breve tempo. I carabinieri lo scoprirono e Gozzoli nel giro di qualche mese si trovò sul treno che lo portò al campo di concentramento di Mössingen in Germania, su una lunga tradotta di dodici o tredici vagoni, piena di soldati prigionieri, ammassati gli uni agli altri, senza cibo né acqua. Là lavorò come sarto e per sei mesi passò le lunghe giornate tagliando e cucendo uniformi militari.

Dopo fu trasferito in Italia e una volta arrivato a Broni, nel Pavese, con altri cento soldati scese in fuga dalla tradotta e raggiunse a piedi Sestri Levante, in Liguria. Gozzoli si fermò per qualche mese a Borgonasco, dove fece il sarto per una famiglia del posto, e poi a Pian dei Ratti, dove rimase fino all’aprile del 1945. Ancora la fuga sotto le bombe, la fame perenne, la cattura da parte delle forze armate americane, che lo portarono prima nel campo di Tombolo, in Veneto, e poi a Coltano, nel Pisano. Da lì partì a piedi per Pisa, dove prese il treno per Firenze, poi per Bologna. Arrivò quindi a Milano, viaggiando su un camion pieno di cipolle insieme ad altri soldati. Dalla città della Madonnina, Gozzoli salì di nuovo in treno per raggiungere Brescia e da lì si incamminò verso la Bassa: a Manerbio trovò il padre Andrea, con il quale tornò a casa in bicicletta.

Fu una gioia per tutti rivedere Giovanni Battista, perché dopo l’8 settembre del 1943 non era più riuscito a scrivere a casa, ai parenti che non sapevano che fine avesse fatto. Ora con la sua scomparsa se ne va un altro tassello della memoria di Verolavecchia.

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