Bassa

Radio Kiev: «A Kherson si decide il futuro della guerra»

Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona
Il cratere formatosi dopo l'esplosione di un missile - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
Il cratere formatosi dopo l'esplosione di un missile - Foto Epa © www.giornaledibrescia.it
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Un ponte tra l'Italia, dove vive, e l'Ucraina, dove è nato e cresciuto. Slava è un uomo di 48 anni che vive nella Bassa Bresciana e che ogni sera si collega con amici e parenti che vivono in città e villaggi sotto gli attacchi dei soldati russi. Ogni giorno, attraverso Slava, parleremo con chi sta vivendo la guerra in prima persona: questo progetto si chiama «Radio Kiev» ed è a cura di Tonino Zana.

Slava non si stanca di collaborare a Radio Kiev e di ripetere quello che magari non si é ancora ben compreso: «Le truppe russe sono state rinforzate verso Kherson. E non riusciamo a comprendere per quale motivo non si riesca a fermarlen. Siamo in tanti a credere che l'unica spiegazione positiva è che vogliamo allargare la forza della morsa che stiamo preparando. Altrimenti dobbiamo dirci che siamo bravi a difenderci, ma siamo incapaci a contrattaccare. 

Continuiamo a ripetere che attacchiamo, che tra poco si riprende Kherson, ma non succede niente. Perché? Se non riusciamo a riprendere Kherson, vuol dire che perdiamo la definitivamente la parte destra del fiume Dnipro, allora nel giro di due mesi siamo in gravi difficoltà. Allora i russi hanno realizzato il loro piano, allargarsi fino a ottobre e novembre e fermarsi d'inverno.

E una volta cambiata e migliorata la stagione, allora sarebbero pronti a schiacciarci con la finzione della trattativa. Nello stesso tempo, l'Europa e l'America non avrebbero più la stessa convinzione di sostenere l'Ucraina. 

Quello che rimane chiaro e forte è il rapporto sempre stretto tra il presidente Zelenski e il popolo ucraino. Anche da noi come qui in Italia, l'opposizione é abbastanza decisa e dopo il grande pericolo dell'inizio ha ricominciato a criticare la tattica del governo, dicendo che si poteva fare di più, e prepararsi meglio alla guerra. Tutto il mondo é paese, solo che siamo in guerra. Intanto l'economia si fa dura da ogni parte e forse sarà ancora il bisogno a prendere per il collo la follia della guerra».

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