Bassa

Radici romane per Mairano

Quelli ritrovati a Mairano sono i resti di una villa rustica romana, ora si aspetta il resoconto della Soprintendenza
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Le radici romane Mairano, piccolo comune della Bassa bresciana, le ha nel nome, che deriverebbe dal latino fundus Marianus. E le ha nel suo stesso territorio, organizzato con lo schema della centuriazione. Se a questo si aggiunge che anni fa nel paese bresciano furono scoperti resti romani oggi conservati al museo "Santa Giulia" di Brescia, si comprende perché intorno alla notizia di nuovi importanti ritrovamenti archeologici ci sia così tanta attesa mista a fibrillazione.


Era il 2008 quando vennero trovate tracce di un insediamento romano nella frazione a nord di Mairano, Pievedizio. Fibule, anelli, specchi e vasellame di pregio dopo secoli tornarono alla luce del sole durante i lavori di sbancamento di un terreno per la posa di un gasdotto della società Snam.

La sede di Brescia della Soprintendenza per i beni archeologici della Lombardia bloccò i lavori per qualche giorno; giusto il tempo di scavare, di fare rilievi, di mettere al sicuro i reperti e di rimettere la terra al proprio posto. Da allora poco o nulla si è saputo su cosa si sia trovato, e di che valore storico: molta è stata anche la discrezione di studiosi e funzionari della Soprintendenza, forse per timore di saccheggi o danneggiamenti del sito archeologico.


Anche il sindaco di Mairano Vincenzo Lanzoni confessa, con una vena di curiosità insoddisfatta, di saperne poco. Ma dopo oltre un anno e mezzo di studi il silenzio sta per interrompersi: cominciano a trapelare le prime informazioni.


Quelli ritrovati a Mairano sono i resti di una villa rustica romana; avrebbe resistito agli attacchi del tempo soltanto il basamento delle pareti. Ritrovate anche due diverse necropoli, una a nord e l’altra a sud del tracciato della strada provinciale 21 che attraversa il sito archeologico. Tutto risale al I secolo dopo Cristo, all’età augustea, e sarebbe in ottimo stato di conservazione. Non resta che aspettare che la Soprintendenza possa divulgare quanto emerso dopo gli studi.

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