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Prima la tradisce poi tenta di ucciderla: il pm chiede 17 anni

La moglie scopre la tresca online e gliene chiede conto. Decisivo l’intervento del figlio, che ha sventato l'omicidio a Travagliato
L'ingresso del Tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso del Tribunale di Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Rischia diciassette anni di carcere: 14 per il tentato omicidio della moglie, altri 3 per i maltrattamenti in famiglia. Tanto ha chiesto il sostituto procuratore Francesco Carlo Milanesi nei confronti della guardia giurata che il 20 maggio dello scorso anno prese per il collo la moglie, la sollevò da terrà e non la uccise - almeno secondo la versione dell’accusa - solo per il tempestivo intervento del figlio e dei carabinieri arrivati nell’abitazione della coppia a Travagliato.

Secondo il pubblico ministero quei segni sul collo della donna, portata in ospedale e giudicata guaribile in quindici giorni, sono la prova delle violentissime intenzioni del marito ed il frutto di un’azione idonea al più definitivo degli esiti. Stando alla ricostruzione degli inquirenti l’uomo, una guardia giurata di un’azienda di vigilanza privata, l’afferrò con la mano sinistra e la sollevò da terra tenendo a bada la sua reazione con la destra. La donna, penzoloni e con le spalle al muro, riuscì a sottrarsi solo per l’intervento del più grande dei tre figli, intervenuto anche mesi prima nel tentativo di porre fine a ripetute violenze in casa.

A scatenare l’ennesimo litigio la scoperta della donna di una tresca del marito con una donna pugliese. Proprio quel giorno la signora era stata contattata dal marito di quest’ultima e da lui aveva saputo della relazione a distanza del padre dei suoi figli, ma anche dell’intenzione dell’amante conosciuta via internet, ma mai vista di persona, di lasciare marito e Bari e di salire a Brescia con il figlio. Alla richiesta di chiarimenti - hanno ricostruito gli inquirenti - l’uomo partì con impeto, ma non per fornire spiegazioni plausibili. Dalla sua bocca uscirono solo insulti, dalle sue mani violenza.

Secondo il difensore della guardia privata, l’avvocato Pietro Paolo Pettenadu, il tentato omicidio non si configura. L’azione non era idonea a causare la morte, l’intenzione dell’uomo, attualmente ai domiciliari a Napoli a casa della madre, non era quella di uccidere. Il gup Riccardo Moreschi ha aggiornato il processo, che vede costituiti parte civile tanto la moglie quanto i figli dell’imputato, al prossimo 26 novembre per la sentenza.

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