L'arte che omaggia l’Africa con attrezzi della civiltà contadina

Vecchi oggetti del mondo contadino, bulloni in disuso, stoffe logore, spartiti musicali di un tempo passato, colore e creatività sono l’anima del fare arte di Giovanni Barili, fotografo e artista di Verolavecchia da tutti conosciuto come Giba.
Tanti viaggi. Barili è anche un profondo conoscitore dell’Africa dove ha viaggiato per più di quaranta anni. L’ultima esperienza nel 2019, in Etiopia, per accompagnare degli amici a Erta Ale a fotografare i vulcani della zona. Poi l’arrivo del Covid ha messo un freno alla passione per i viaggi del settantaquattrenne, che non ha mai smesso di far rivivere l’Africa nelle sue opere d’arte. Ne sono testimonianza i tanti manufatti che Giba realizza e che vanno dalle sculture, ai coltelli, ai quadri messi a punto con materiale recuperato (farina della polenta, vecchie stoffe, carte, lettere) dai mercatini dell’usato o dagli amici e conoscenti prima che lo buttino via. Un assemblare che ha permesso a Giba di prendere molle, bulloni, zappe, vecchie selle, forconi per il fieno e badili per trasformare questi oggetti tipici del mondo contadino in vere e proprie sculture – animali, visi o figure - dalle forme primitive e nettamente africane.
Il percorso. «Fin da bambino, ma credo sia una cosa un po’ comune a tutti - dice Giba - mi piaceva vedere delle figure nelle macchie, nelle nuvole, nella graniglia dei pavimenti e succede così anche ora. Metto assieme gli oggetti dei nostri nonni e bisnonni che lavoravano la terra e creo qualcosa, quelle che per me sono forme primordiali dove vedo animali o volti. Poi chi le guarda può vedere quello che vedo io o quello che gli suggerisce la propria mente, perché ciò che amo fare è dare nuove forme a oggetti dimenticati e stuzzicare l’osservatore. Inoltre lascio volontariamente la ruggine, perché ha il valore del tempo che passa e consuma». Non solo, perché Giovanni Barili, che ha allestito la sua ultima mostra fotografica nel 2018 alla galleria Gare 82 di Brescia, ha una mente in continuo fermento e ha cominciato a realizzare anche dei coltelli da utilizzare come originali utensili da cucina e la loro realizzazione è completamente artigianale. Poiché Barili pensa, disegna la forma, la taglia, lavora, tempra e incide soggetti africani (elefanti, leoni) sulla lama, sul manico, sul fodero. Tutto a mano, perché come dice Giba: «La stessa gestualità delle mani nello stendere il colore, lavorare e incidere il metallo, il legno o nell’assemblare i pezzi ritrovati è già un po’ artistico in sé».
Nel corso del 2020 Giba, grazie anche all’amica storica dell’arte Marisa Dalai Emiliani, avrebbe dovuto esporre le sue opere al Museo del tempo e della civiltà contadina «collezione Guatelli» di Parma, ma l’arrivo della pandemia da Covid-19 ha purtroppo fermato tutto. Poco male. Nell’attesa di poter mettere in mostra i suoi manufatti, Giba continua a utilizzare la scultura, la pittura e la fotografia per una ricerca artistica che omaggia l’Africa, dando vita nuova agli oggetti dei tempi passati.
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