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La Forneria da Bati di Isorella ha chiuso: «È la fine di un’era»

I titolari sono andati in pensione prima di Natale. Il suo bossolà, il nostranino e le frittelle erano un'istituzione
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Il nostranino, il brasiliano, le ciabatte e gli altri pani; ma anche la pizza, le crostate, il bossolà a forma di «S» con lo zuccherino sopra, frutto di una ricetta mantovana della signora Luigina, così come le frittelle e le lattughe di Carnevale; infine, come dimenticare una «tradizione» di qualche anno fa, cioè la merenda notturna, di ritorno dalla discoteca, quando «non ci vedevi più dalla fame» e sognavi solo di passare da «Bati».

Mancherà tutto questo della Forneria da Bati, che il 28 dicembre ha cotto per l’ultima volta i suoi prodotti e poi ha chiuso i battenti. Rubando le parole dei Commercianti del Naviglio, è la «fine di un’era», nonché la chiusura dell’ultimo panificio tradizionale rimasto a Isorella, dove non mancano comunque attività che fungono da rivendita di panifici della zona, o che preparano prodotti da forno, ma il panificio tradizionale, storico e istituzione locale era proprio Bati, con tanto di minimarket annesso. Ebbene sì, quindi: allo fine del 2023 il fornaio Roberto Tomasoni e la moglie Ivana Bosio, che curava specialmente il minimarket, hanno deciso di dedicarsi alla meritatissima pensione. E il figlio Marco per ora, seppur molto dispiaciuto, non prosegue.

L’attività aveva radici profonde e il famoso «Bati» era, in realtà, Battista (cioè il papà del signor Roberto), che con sua moglie Luigina Visieri (scomparsa di recente) ha guidato l’attività dalla metà degli anni Cinquanta, per poi tramandarla. «Fino al 1999 hanno portato avanti proprio loro l’attività, assieme ai due figli e a noi nuore - spiega Ivana, moglie del fornaio Roberto -. Dal 2009 abbiamo proseguito io, mio marito (che ha iniziato a lavorare a 15 anni e oggi ne ha 65) e mio figlio». Evoluzioni a parte, la stella polare è sempre rimasta la tradizione, incarnata da gesti e ritmi trasmessi di padre in figlio e dal ricettario della signora Luigina, che fino alla chiusura rappresentava il riferimento per alcune preparazioni.

Ivana e il figlio Marco ci raccontano la storia della Forneria da Bati proprio nel suo cuore, ossia nel laboratorio: il forno è spento, ma le assi per la lievitazione rivestite di cotone sono lì a testimoniare gli anni di sacrifici e il fatto che vita familiare e lavoro abbiano sempre rappresentato un tutt’uno. Del resto, con gli orari da fornai, i ritmi della vita sono un po’ alternativi: «Mio marito iniziava a fare il pane a mezzanotte, poco dopo lo raggiungeva mio figlio e io, prima dell’alba, ero in negozio», racconta Ivana, che non nasconde un velo di malinconia, condivisa con il figlio.

«Mi mancherà il contatto con le persone: c’erano anche diversi clienti che provenivano da altri paesi e prendevano da anni sempre lo stesso pane - dice Ivana -. Noi siamo in pensione e quindi abbiamo colto la palla al balzo, ma va detto che per le fornerie in generale tutto è cambiato rispetto al passato, a partire dal fatto che le persone consumano meno pane e che spesso, forse per comodità, lo acquistano nei supermercati».

«La chiusura di un fornaio della tradizione ci rincresce molto e noi speriamo che qualcuno porti avanti il mestiere - commentano i Commercianti -. Ringraziamo la famiglia Tomasoni per tutti questi anni dedicati al duro lavoro e alle alzatacce notturne, e auguriamo a loro di godersi la meritata pensione». 

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