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Green Hill, «Eutanasia per i cani: precisa politica aziendale»

Così i giudici della Corte d’Appello nelle motivazioni della sentenza di condanna nei confronti dei vertici di Green Hill
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“Tutte le condotte non sono state occasionali o limitate a casi singoli o a periodo limitati, bensì rispondevano ad una precisa e voluta politica aziendale

Lo scrivono i giudici della Corte d’Appello di Brescia nelle 97 pagine di motivazioni della sentenza di condanna nei confronti dei vertici di Green Hill, l’allevamento di cani beagle chiuso a Montichiari nell’estate del 2012.

In secondo grado per Ghislane Rondot, co-gestore della struttura e per il veterinario Renzo Graziosi erano arrivate due condanne per un anno e sei mesi mentre per il direttore dell’allevamento Roberto Bravi la pena si era fermata ad un anno. Condanne confermate anche in appello. “Le enormi dimensioni dell’allevamento avrebbero imposto ben altre strutture sanitarie e un presidio medico-veterinario e un ambulatorio per nulla idoneo ad effettuare i tipi di interventi che venivano svolti spesso da personale non qualificato”

Il presidente della corte d’appello Enrico Fischetti sottolinea poi come: “rispondeva ad una precisa scelta aziendale quella di praticare l’eutanasia in modo disinvolto, preferendo sopprimere il cane piuttosto che curarlo adeguatamente così risparmiando i costi di cure lunghe e incerte, che avrebbero magari reso difficile la vendibilità del "prodotto". Per i giudici bresciani poi “la politica aziendale andava in senso diametralmente opposto all’evoluzione normativa comunitaria e nazionale”

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